sabato 9 febbraio 2013

NON SOLO USA E UK!

La musica pop-rock (e dintorni) è stata un mezzo formidabile nel favorire la globalizzazione, ma è anche stata fortemente influenzata dalla medesima.
Tanto che oggi sono numerosi i Paesi non english-speaking da cui nascono bands che balzano agli onori della cronaca per le loro proposte musicali, per lo più in lingua inglese (d’altra parte la più adatta ad esprimere al meglio questo tipo di musica), con qualche eccezione (i grandi Sigur Ros su tutti).
E le coordinate musicali/sociali sono sempre le medesime degli albori: un genere, il R’n’R, nato come eccezionale forma di divertimento ed insieme di protesta, ed in tale binomio evoluto dal movimento hippie dei tardi ’60 alla canzone politica dei ’70, dalla rivolta generazionale del punk a quella esistenzialista del grunge, dal primo hip-hop dei ghetti neri ai neo-intimisti bianchi figli del “no future” sex-pistolsiano.
Linguaggio, quello del rock, dimostratosi trans-generazionale e trans-culturale, che insieme lecca e morde la mano che lo nutre.
Oggi non solo Gran Bretagna ed ex colonie (USA, Irlanda, Australia, Canada le prime della classe) producono pop-rock di qualità, movimento e confronto, ma anche tutto il mondo (per ora occidentale; per ora). Segnaliamo alcuni albums èditi nell’appena concluso 2012 da artisti di paesi appunto non di lingua inglese, meritevoli di attenzione per il presente e per il futuro.
“Hey hey, my my / rock’n’roll will never die” (Neil Young).

(ISRAELE) - ASAF AVIDAN (2012) Different Pulses
33enne israeliano dal respiro musicale internazionale, dotato di una voce originale, femminea, tra il soul di Amy Winehouse e la teatralità di Marianne Faithfull, nasale e drammatica come quella di Brian Molko dei Placebo. La voce è l’elemento portante di un pop acustico, con un velo di elettronica, che molto deve a Leonard Cohen, con arrangiamenti che guardano a Luis Bacalov ed Ennio Morricone piuttosto che a USA e UK. Da tenere d’occhio. 7.5/10

(ISLANDA) - SIGUR ROS (2012) Valtari
Al 6° album, dopo che il precedente Med Sud… e l’esordio solista di Jonsi hanno espresso più canonicamente una forma-canzone, gli islandesi tornano alle mitiche sonorità di cui sono inventori, un bagaglio insieme antico e modernissimo, legato alla terra e allo spazio, sempre altamente meditativo e spirituale, fatto di riverberi, echi, archi e voci angeliche, di crescendo ieratici e pause (dilatate) di intimità quasi sacra, corredato da un cantato nell’immaginario idioma “hopelandic”. Tutto già ascoltato, si potrebbe eccepire. Vero, ma solo dai Sigur Ros stessi. Chi li ama, ha un altro brandello di sogni a disposizione. Chi già li odia, lo faccia a brandelli. 7.5/10

(BELGIO) - BALTHAZAR (2012) Rats
Secondo sforzo per il gruppo belga meno noto, e finora meno dotato, rispetto ai grandi conterranei dEUS: e lo fa con un album che richiama piuttosto un’altra band belga, i Venus, con soluzioni musicali tra l’indie ed il dandy/art-rock, ed una voce tra il crooner e l’esistenzialista. Indubbio il (buon) gusto per un pop dagli arrangiamenti piacevoli (per l’airplay) e ruffiani (per la critica), anche se a tratti manca di mordente. 7.2/10

(ITALIA) - CHEAP WINE (2012) Based On Lies
La band di Pesaro è giunta al 9° album autoprodotto ed ha ormai credibilità da vendere, fondata sulla fedeltà ad una proposta musicale “americana” in senso lato, che guarda ammirata a Bruce Springsteen tanto quanto a The Walkabouts, ma soprattutto al Paisley Underground di Dream Syndicate e Long Ryders: con testi in inglese, bella ispirazione e notevole perizia tecnica (con note di merito per l’intensità delle chitarre elettriche ed il pianismo alla Asbury Park dei ’70), Based On Lies si merita un posto di riguardo in termini assoluti tra le uscite roots USA del 2012) 7.8/10

(SVEZIA) - TAKEN BY TREES (2012) Other Worlds
Victoria Bergsman, ex-voce dei Concretes, incide il 3° album in proprio dopo un viaggio alle Hawaii, anche se i tropici cui la svedese si ispira negli arrangiamenti, produzione, strumenti utilizzati sono i Caraibi: molto reggae ma soprattutto dub dalla Giamaica, ed abbondanza di calypso filtrato/modernizzato all’europea, ritmica in levare e le squillanti steel drums che tutti hanno incontrato in una vacanza alle Antille. Peccato per la voce che vorrebbe essere sognante mentre a tratti è soporifera, in un prodotto che appare troppo cerebrale per le premesse iniziali. 7.1/10

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