venerdì 28 febbraio 2014

Recensioni al volo: Noah Gundersen, Rosanne Cash, Broken Bells

NOAH GUNDERSEN - Ledges (2014)
Al suo debutto in un disco full-lenght (dopo 3 EP, a partire dal 2008) il 24enne cantautore di Seattle conferma il suo indie-folk semplice ed intenso e le sue profonde capacità musicali.  Supportato dal violino della sorella Abby e dal fratello minore, Jonathan, alla batteria, “Ledges” si sviluppa su 11 brani che intrecciano storie di tentazione, redenzione, spiritualità e dubbio (cresciuto in una famiglia molto religiosa e conservatrice tra i pochi album consentiti in casa ricorda il Bob Dylan gospel di Slow Train Coming e Saved)  . Un brillante cantautore-narratore, malinconico ed introspettivo come il primo Jackson Browne, intensamente acustico come Ray Lamontagne o Damien Rice.   Voto: ☆☆ 

ROSANNE CASH - The River & The Thread (2014)
E’ abbastanza ovvio considerare l’effetto della tradizione familiare: il blues, il country, il folk, il rock’n’roll che avevano ispirato il padre hanno dato l’imprinting a Rosanne. In quest’album tutti questi elementi sono fusi insieme in una sorta di nostalgico omaggio “on the road” al profondo sud degli USA: la voce calda di Rosanne si sposa alla perfezione con le classiche sonorità americane di violini, chitarre acustiche e organi.  Voto: ☆☆☆1/2

BROKEN BELLS - After the disco (2014)

Al secondo album dopo l’ottimo esordio del 2010, il duo James Mercer (degli Shins) e Brian Burton (= Danger Mouse) virano dall’indie-rock eclettico e lievemente elettronico a ritmi sorprendentemente funky e pop-soul. Un album divertente, con atmosfere pop anni ’80.  Voto: ☆☆

3 commenti:

microby ha detto...

ROSANNE CASH: La figlia primogenita di Johnny Cash, classe ’55, da trent’anni autrice di successo per artisti della scena country (soprattutto nashvilliana), è soprattutto capofila (anche nelle charts di settore) del new country, che limita la posologia di miele e campagna ibridando la musica tradizionale americana del Sud con il folk, il blues, l’hillbilly e persino il pop. Concordo con te Luca: Rosanne lo fa con grande classe, strumentazione ricca ma misurata, acustica ed elettrica, la voce calda ma non melliflua, melodie pop orecchiabili, progressioni appassionate ma non nervose, tastiere avvolgenti e slide vibrante (Derek Trucks, ma sono molti gli ospiti illustri). Piacerà anche agli appassionati di pop-rock che non amano il country nashvilliano (come me).
Voto Microby: 7.7
Preferite: A Feather’s Not A Bird, Modern Blue, When The Master Calls The Roll

microby ha detto...

BROKEN BELLS: After The Disco mantiene ciò che promette nel titolo, ovvero synth-pop/new wave anni ’80 (con la mira puntata su Tears For Fears) filtrato dalla musica disco anni ’70 (con un occhio ai Bee Gees di Saturday Night Fever). Se inteso come puro divertissement/operazione nostalgia, l’obiettivo è centrato. Se i due genietti volevano proporci qualcosa di nuovo, è talmente ben nascosto dagli arrangiamenti vintage che non lo si capisce…
Voto Microby: 7
Preferite: Holding On For Life, Lazy Wonderland, After The Disco

microby ha detto...

NOAH GUNDERSEN: come atteso viste le premesse illustrate da te Luca, il lavoro trasuda folk, tra ballads intense che lo fanno sembrare il corrispettivo yankee del folksinger inglese Seth Lakeman e brani malinconici alla Neil Halstead, ma alle spalle si respira, come giustamente hai scritto, l’introspezione del primo Jackson Browne e la spiritualità bianca di Bon Iver/Ray La Montagne. Bella la voce, calda e sofferta, ma un po’ monocromatica la seconda parte del disco.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Ledges, Boathouse, Cigarettes

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