domenica 29 giugno 2014

Recensioni al volo: Phish, Kasabian

PHISH - Fuego (2014)
Sicuramente la migliore Jam Band attualmente in circolazione (OK, c’è anche la Dave Matthews Band, ma sapete che non la digerisco) festeggiano quest’anno il 30° anno di attività (anche se in effetti il loro primo album, “Junta” era del 1988). In questa lunghissima carriera solo 12 album ma una marea di concerti, con relativi dischi dal vivo, per un mix perfetto di pop, rock, bluegrass e jazz. Gli ultimi lavori per la verità non erano stati un gran che e stavolta il produttore Bob Ezrin (quello di Peter Gabriel, Lou Reed, Deep Purple, Alice Cooper, Pink Floyd, ecc ecc) ci ha messo le mani e li ha aiutati a confezionare un album splendido. Il modo migliore di ascoltarlo è lasciarsi andare completamente e viaggiare sulle note delle stupende “The Line”, “555” o “Halfway to The Moon: il mitico chitarrista Trey Anastasio  è in grandissima forma e Il ricordo va ai Grateful Dead di “Terrapin Station” o ai Dixie Dregs di “What If” ma forse non è neanche giusto richiamare altri artisti: i Phish sono i Phish e basta. E ne andiamo matti. Voto: ☆☆☆☆

KASABIAN - 48:13 (2014)

Una copertina rosa orribile e un titolo da mentecatti (48:13 è la durata totale del disco) cominciano subito a metterti di cattivo umore. Anche il singolo “Eez-eh”, esageratamente pop-commerciale e discutibilmente ritmato tipo dance anni ’90, non aiuta affatto. E neanche le prime interviste a Pizzorno che diceva di aver coniugato Led Zeppelin e Kanye West in un singolo lavoro avevano contribuito a tranquillizzarci. L’ascolto purtroppo conferma in pieno tutte le perplessità, ma probabilmente i sintetizzatori di cui viene fatto largo uso sono l’espressione dei tempi moderni. Niente a che vedere con la grande bellezza del precedente “Velociraptor” però alcune cose sono da ricordare: soprattutto la bellissima ballata “Bow” e la calda “Stevie” (non a caso i brani a mio parere più autenticamente riconoscibili del gruppo di Sergio Pizzorno). Io però vado a riascoltarmi Velociraptor. Voto: ☆☆☆

giovedì 26 giugno 2014

PASSENGER, RAY LaMONTAGNE, tUnE-yArDs


PASSENGER (2014) Whispers
Partito come quartetto formatosi a Brighton, South England, nel 2007, attualmente Passenger rappresenta il nickname del leader e unico depositario del marchio, Mike Rosenberg. Ma confesso che fino ad un viaggio in Germania (dove era 1° in classifica) 2 settimane fa non ne conoscevo l’esistenza, per poi scoprire che il singolo tratto dall’album precedente era stato lo scorso anno 1° in classifica in ben 16 paesi europei, Italia inclusa… Ma che bella sorpresa! Senza proporre nulla di originale il nostro ha una bella penna e indubbio gusto negli arrangiamenti, che lo propongono tra i migliori interpreti del cantautorato intimista che da Damien Rice/Tom McRae/Neil Halstead va giù fino a Nick Drake. Ma non è solo introspettivo e confessionale, anzi riesce a variare il menu condendolo anche con ballate ariose, spensierate, primaverili, arricchendo la strumentazione (chitarra acustica-viola-violoncello-violino) con sezione ritmica e fiati. Una bella continuità nella tradizione cantautorale albionica.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Coins In A Fountain, Golden Leaves, Bullets
RAY LaMONTAGNE (2014) Supernova
Primo ascolto deludente. Poi realizzo che è perché non riconosco il Ray La Montagne che ho internalizzato. Uno dei tanti, perché in 5 albums dal 2004 l’americano ha offerto 5 differenti fotografie musicali di sé stesso, dal cantautore intimista al menestrello folk, dal roots-popster al country-rocker. Lo riascolto pensando che sia uno sconosciuto, ed ecco che il disco, prodotto (in modo discutibile ma certamente originale per il DNA del nostro) da Dan Auerback (Black Keys), assume i connotati di un pregevole pop psichedelico inglese frullato col country-rock californiano, entrambi di fine anni ’60/inizio ’70. Così tra chitarre acustiche, mellotron, Hammond, percussioni vellutate ed armonie vocali d’altri tempi si ascoltano echi transoceanici dei primi Pink Floyd come di Brian Wilson, citazioni di Van Morrison ma anche di John Phillips, di Beatles e Buffalo Springfield. Peccato che la bella voce aspra e calda di Ray sia relegata, volutamente, in secondo piano, più amalgamata con una strumentazione insieme fresca e suadente, d’epoca: California Dreaming
Voto Microby: 7.7
Preferite: Lavender, Airwaves, Julia
tUnE-yArDs (2014) Nikki Nack
Afro-pop centrafricano, cori da folk sudafricano alla Malahtini, percussioni tribali miscelate con beats elettronici, basso pulsante (Nate Brenner) da dancefloor, hip-hop, techno, synth pop ’80, ritmi urbani nevrotici alla Talking Heads ma anche solari alla Tom Tom Club, inserti caraibici ma anche industrial EMA-like. E una grande voce (Merrill Garbus) capace di adattarsi perfettamente al contesto. Beninteso: non un genere per canzone, ma il tutto shakerato in eccellente equilibrio in ogni singolo brano per la totalità dell’album. Il duo ha coraggio e idee da vendere.
Sconsigliato a chi ama la melodia ed un approccio tradizionale/classico alla musica.
Raccomandato a chi predilige il ritmo ed apprezza le contaminazioni tra generi.
In ogni caso è suggerito un ascolto a chi è curioso di cercare nuove vie di espressione nella musica pop-rock.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Water Fountain, Find A New Way, Time of Dark

giovedì 19 giugno 2014

FIRST AID KIT, CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD, JACK WHITE


FIRST AID KIT (2014) Stay Gold
Johanna e Klara Soderberg, sorelline svedesi di 24 e 21 anni rispettivamente, mantengono al terzo disco le promesse esibite nel precedente The Lion’s Roar, splendida sorpresa di 2 anni fa. L’unico cambio di traiettoria è lo spostamento dal folk alla Kate & Anna McGarrigle (con tuttavia già accenni alla Emmylou Harris) verso un’”americana” pulita, raffinata, maggiormente influenzata dal country melodico. Dominano i brani, tutti autografi ed acustici, gli armoniosi impasti vocali, cristallini e brillanti, così come lo sono plettri, tasti ed archi. L’atmosfera solare si sposa con una più solida consapevolezza del potenziale commerciale, anche in ambito pop. Brillante conferma, senza un brano debole.
Voto Microby: 7.8
Preferite: My Silver Lining, Stay Gold, Heaven Knows

CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD (2014) Phosphorescent Harvest
Terzo album per la voce dei Black Crowes dopo la splendida accoppiata d’esordio nel 2012, in cui aveva preso musicalmente le distanze dalla band madre per esplorare il rock psichedelico targato Dead/Quicksilver. Impreziosita dal solito, bravissimo Neal Casal alle chitarre, la confraternita propone una purtroppo disomogenea miscela di southern rock, psichedelia, blues, country-rock, soul/R&B e New Orleans sound. Buona la scrittura, al solito brillante il lavoro delle chitarre calde e del saltellante piano honky tonk, ma risultano discutibili alcuni arrangiamenti, con eccesso di synth vintage o addirittura beats elettronici fuori contesto. In definitiva un album piacevole ma di livello inferiore rispetto ai due che l’hanno preceduto.
Voto Microby: 7
Preferite: Badlands Here We Come, About A Stranger, Tornado
JACK WHITE (2014) Lazaretto
Jack White non è mai stato un purista. Già con i White Stripes batteva i sentieri tradizionali del rock, blues, folk, garage, pop USA rivisitandoli con linguaggi attuali, sia bianchi che neri. Come allora anche nella carriera successiva (a mio avviso sempre interessante ma mai esaltante, sia da solista che nei numerosi side projects) ha sempre espresso coraggio nella scelta degli arrangiamenti (mischiando riffs hard, archi, funk, elettronica, hip-hop, blues, garage, americana, country & folk) più che della scrittura (sempre calata nelle radici USA). Sempre inalterato l’approccio vocale e strumentale isterico, nervoso, stridulo, sempre al limite del kitch. Tutte caratteristiche ribadite in Lazaretto, album che tuttavia risulta il meno convincente dell’intera carriera del nostro. A favore: l’estrema varietà dei generi affrontati e l’originalità degli arrangiamenti, ormai un marchio di fabbrica. Contro: il disordine generato dai “pro”, che sfiora la confusione e la perdita di controllo. Tanto che i brani a mio avviso migliori sono quelli dalla produzione più tradizionale.
Va bene, è un genio, ma come per l’ultimo Neil Young (guarda caso co-progettato da Jack White) non si può far passare tutto per buono! La media fa discreto, toh!
Voto Microby: 7
Preferite: Alone In My Home, Entitlement, Three Women


domenica 15 giugno 2014

Recensioni al volo: Simone Felice, The Delines, Nick Mulvey

SIMONE FELICE - Strangers (2014)
Dopo avere superato un intervento per aneurisma nel 2010, ha mano a mano messo ordine nella sua vita, lasciando i Felice Brothers e dimenticando per un pò i Duke & The King, ed ha realizzato il suo secondo album da solista. Un album semplice ma estremamente caldo ed emotivo, ricco di chitarre acustiche e tastiere: una sorte di trionfo del perfetto stile cantautore. Da downloadare: Running Through My Head, Bye Bye Palenville Voto: ☆☆☆☆

THE DELINES - Colfax (2014)

Side project di Willy Valutin e Sean Oldham, (dei Richmond Fontaine), insieme a Amy Boone (voce dei Damnations, una band di Austin), Jenny Conlee (tastierista dei Decemberists), Tucker Johnson (pedal steel dei Minus 5), è un insieme di ballate notturne e sognanti, che ricordano quelle di Spain, Rickie Lee Jones, Cowboy Junkies, e Hem. Un piccolo gioiello di alternative country, da ascoltare al buio, nel silenzio Da downloadareThe Oil Rigs at Night, I Got My Shadows. Voto: ☆☆☆

NICK MULVEY - First Mind (2014)
Inglese barbuto (categoria sempre più numerosa), trasferitosi a 19 anni a L’Avana per studiare musica è tornato con un bagaglio di esperienze ritmiche che non hanno niente a che vedere con la musica cubana che ricordano più che altro gli intricati arpeggi di Paul Simon, Damien Rice o John Martyn e le melodie variegate, ma semplici, di Caetano Veloso o Ben Howard. First Mind non è catalogabile come album folk tradizionale, ma piuttosto come un disco di folk-pop acustico con echi etnici non invasivi. Delicato ed ingannevole. Da downloadare: Cucurucu, Fever To The Form. Voto: ☆☆☆

mercoledì 11 giugno 2014

CONCERTI A BREVE a BRESCIA-BERGAMO


Alcuni suggerimenti nel breve periodo ed a costo zero per ascoltare buona musica (tra generi disparati) e trovare rimedio all'afa e alla cena in casa. In zona BS-BG, in attesa del programma bergamasco di "Andar per musica", solitamente ricco. Senza dimenticare i mondiali di calcio!


Mer 11 Giugno Michele Gazich (Chiostro Chiesa S. Giovanni, Brescia)

Gio 12              Lorenzo Monguzzi (Bergamo, Lazzaretto, P.zale Goisis 6)

Gio 12              Carla Bozulich + Julie's Haircut + Own Boo (No Silenz, Cigole-Orzinuovi, BS)

Ven 13             Serata Reggae (Bergamo, Lazzaretto)

Ven 13             Jules Not Jude + Views (Davide Ferrario) (No Silenz, Cigole)

Sab 14              Après la classe (Bergamo, Lazzaretto)

Sab 14             His Clancyness + Pink Mountaintops (No Silenz, Cigole)

Ven 27            Marta sui tubi + Calibro 35 (Forest Summer Fest, Foresto Sparso, BG, h 20)

Sab 28             Beatrice Antolini + Tre Allegri Ragazzi Morti + Brunori SAS (Forest SF h 18)

Dom 29           Zen Circus + Lo Stato Sociale (Forest SF h 20)

Sab 19 Luglio Brunori SAS + Boxerin Club (D-Skarika Festival, Odolo, BS h 20)


Gli spettacoli sono tutti gratuiti e, dove non altrimenti specificato, alle h 21. Ovviamente ovunque solito corredo di pane e salamina, patatine, pizza, birra, ecc!
Ulteriori info in rete.

PAOLO NUTINI, SMOKE FAIRIES, REAL ESTATE


PAOLO NUTINI (2014) Caustic Love
E’ fastidioso pensare che la critica nostrana snobbi la popstar scozzese (di padre italiano) per il trascorso successo in MTV (e soprattutto presso la fascia d’ascolto adolescenziale), e per la partecipazione al Festival di Sanremo. Errore che sta facendo per gli stessi motivi con l’altrettanto dotato Tom Odell. E di sbaglio grosso si tratta, perché Nutini è soulman di prima classe, dotato di una voce cartavetrata sorprendente per la sua giovane età, e profondamente intrisa di blues. Questo terzo album (a 5 anni dal precedente Sunny Side Up) svela tutto il suo amore per soul, R&B, funk anni ’50-’60, con un campionario di canzoni autografe che esplorano la musica black in stile Stax-Motown, con temi più impegnati che agli esordi, ed arrangiamenti che evocano di volta in volta i numi tutelari Marvin Gaye, Curtis Mayfield, Lee Dorsey, James Brown. Qualche leziosità, prolissità e disomogeneità di troppo impedisce il capolavoro. Ma si tratta comunque di un ottimo album soul, e di un autore di indubbio talento.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Iron Sky, Better Man, One Day


SMOKE FAIRIES (2014) Smoke Fairies
Da sempre in eccellente equilibrio tra indie-rock, folk inglese di marca ‘70 e blues metropolitano, il duo albionico Jessica Davies e Katherine Blamire riesce al 4° disco a rompere gli indugi allontanandosi decisamente dal folk (che trapela come radice solo nell’uso delle voci) e sposando un dream pop elettroacustico di marca ‘80, con inserti elettronici, ritmica metronomica ed arrangiamenti puliti davvero insoliti per il duo. E tuttavia dopo i primi ascolti stranianti (anche i primi 3 albums mi avevano conquistato alla lunga) la classe delle due fatine inglesi emerge e risplende.
Voto Microby: 7.6
Preferite: Koto, Waiting For Something To Begin, Your Own Silent Movie


REAL ESTATE (2014) Atlas
Terzo album per la formazione del New Jersey e conferma del guitar-pop sognante che li ha fatti accostare più volte, a ragione, agli antesignani The Clean/Yo La Tengo/Go-Betweens: chitarre cristalline semiamplificate, ritmiche pulite, tastiere aggraziate, voce morbida per 10 quadretti che profumano di primavera, di nostalgia, di tenerezza, di sole tiepido. Il limite (veniale) è un’eccessiva uniformità che tende a farli assomigliare un po’ tutti.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Past Lives, Had To Hear, Talking Backwards

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