regia: MacDONALD, KEVIN
genere: documentario
con Bob Marley, Ziggy Marley, Jimmy Cliff, Rita Marley, Cedella Marley, Lee Perry, Chris Blackwell, Bunny Wailer, Cindy Breakspeare, Lee Jaffe, Peter Marley, Judy Mowatt, Pascaline Bongo Ondimba, The Wailers, Neville Garrick, Constance Marley, Carlton Fraser, Diane Jobson, Danny Sims, Marcia Griffiths, Aston Barrett, Nancy Burke, Desmond Smith, Ibis Pitts, Evelyn Higgin, Allan Cole, Donald Kinsey, Eddie Sims, Tony Welch, Imogene Wallace, Junior Marvin, Margaret James, Dudley Sibley, Clive Chin, Derek Higgin, Hugh Creek Peart, Lloyd McDonald, Conroy Cooper, Alvin Patterson, Carlton Davis, Waltraud Ullrich, Dennis Thompson
location: Giamaica, Regno Unito, Rhodesia, Usa, Zimbabwe
voto: 5
La vita e il mito di Bob Marley, il più noto musicista della storia del
reggae, rivive in questo documentario decisamente filologico di Kevin
MacDonald, che già aveva dato buone prova delle sue capacità di
ricostruzione biografica raccontando sia la vicenda della scalata andina
sulle vette peruviane (La morte sospesa) che la parabola del feroce dittatore ugandese Amin Dada (L'ultimo re di Scozia).
Con rigore cronologico e senza grande inventiva, allo spettatore vengono
qui snocciolate una dopo l'altra le tappe della vita di Robert Nesta
Marley, giamaicano nato nel 1945 da una madre nera e un padre bianco del
quale si persero immediatamente le tracce. La povertà, i primi lavori
faticosi e l'amore per la musica ne segnarono l'infanzia e
l'adolescenza, fino a quando, con Simmer down, non arrivò il
primo successo discografico, nel 1964. Gran parte del resto del racconto
trascorre dando forma ad aneddoti ben noti a chi conosce l'abbecedario
marleyano: il rastafarianesimo - un miscuglio di nazionalismo,
cristianesimo e rivendicazione dell'affrancamento dei neri della
schiavitù e di ritorno nell'Africa -, il fumo di erba, i dreadlocks (la
chioma tipicamente rasta), l'amicizia carica di rivalità con Peter Tosh,
l'innumerevole numero di donne (dalle quali ebbe ben 11 figli), la
passione smodata per il calcio giocato e la disciplina del corpo,
l'impatto sulla vita politica nazionale (ma lui si guardò bene dal
prendere una posizione), che fu anche causa dell'attentato che subì,
fino al trasferimento a Londra e gli stadi pieni. Poi arrivò la morte,
precocissima, a soli 36 anni, conseguenza di un melanoma che ne
distrusse il corpo.
In sé, il documentario resta per intero nel recinto del compitino svolto
col minimo impegno sindacale: tante testimonianze (i suoi ex Wailers, i
figli, le mogli, tra le quali una che fu eletta miss mondo), una
manciata di riprese di repertorio, moltissime foto di incantevole
bellezza e ovviamente tanta musica. Ma, nel complesso, si tratta di
un'operazione senza sforzi, che non riuscirà ad attrarre quella fetta di
pubblico non interessata al personaggio che, con Usain Bolt, è stato
l'uomo più famoso di Giamaica di tutti i tempi. Ma la ricostruzione del
mito relativo alla nascita del reggae e dei suoi riff chitarristici, da
sola, vale la visione. Ne avrete una sorpresa! Dopo Marley, la musica
non sarebbe stata più la stessa.
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