ROYAL
BLOOD (2014) Royal Blood
Perché certa critica esalti alcuni gruppi e ne distrugga altri, tutti in realtà artefici (o rei) di musica non originale ma derivativa, ben suonata ed interpretata anche se non allineata ai tempi, è un mistero. O è spiegabile con lo snobismo di alcuni recensori (soprattutto contro le bands che sfondano le charts) o con la moda estetica del momento. Ora che si esalta qualunque gruppo che si rifaccia all’acid rock californiano o al merseybeat/psychedelic rock inglese anni ’60, si dileggia il debutto (di successo) di un duo (batteria e chitarra trattata a basso o viceversa) come i Royal Blood perché suona come un frullato (molto ben calibrato) di Arctic Monkeys, Queens of The Stone Age, primi Muse e White Stripes (con la voce del cantante Mike Kerr che ricorda da vicino quella di Jack White). E’ vero, tutto già sentito, ma che ci si provi ad infilare 10 potenziali (buoni) singoli in un album suonando solo in 2 e solo 2 strumenti… Non potranno ripetere la ricetta all’infinito i due di Brighton, ma quella di oggi è molto gustosa.
Voto Microby: 7.8
Preferite:
Come On Over, Little
Monster, Figure It Out
THE NEW BASEMENT TAPES (2014) Lost On The River
La
storia è nota: Lost On The River
è la messa in musica di alcuni testi scritti da Bob
Dylan durante il ritiro con The
Band nel 1967 nei dintorni di Woodstock (da
cui gli “Old” Basement Tapes).
Ritrovati e consegnati dall’autore a T-Bone
Burnett perché venissero musicati, sono
stati da quest’ultimo proposti ad un gruppo di musicisti di
caratura (ribattezzati The New Basement
Tapes): Elvis
Costello, Jim James, Marcus Mumford, Rhiannon Giddens, Taylor
Goldsmith. Gli artisti si sono spartiti le
canzoni ed hanno individualmente scritto le musiche ed arrangiato i
brani. La produzione di Burnett cerca di smussare gli spigoli, ma non
riesce del tutto a rimediare all’ovvia mancanza di amalgama ed omogeneità
delle proposte, vista la differente estrazione musicale dei
protagonisti coinvolti (americana, folk,
country, pop, folk-rock). I brani tuttavia
restano, presi singolarmente chi più chi meno, di buona (talvolta
ottima) qualità e pregevole interpretazione, con una preferenza (personale) per
Marcus Mumford e Jim James.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
Down On The Bottom,
Kansas City, Liberty Street
KEVIN
MORBY (2014) Still Life
Ex
co-fondatore del supergruppo indie-rock The
Babies e tuttora membro dei Woods,
band indie-roots, l’americano è al secondo sforzo da solista e
dimostra di avere parecchie frecce nella faretra: scrittura ed
esecuzione semplice, quasi svogliata (apparentemente), meno roots dei
Woods e più di ispirazione cantautorale indie-folkrock,
che cita il Bob Dylan
di Desire, il Robyn Hitchcock
meno psichedelico, il Pete Doherty
meno rock. Anche nella voce bassa e nasale, introspettiva e sofferta
ricorda i precedenti. In summa, un disco ed un artista da preferire
allo stesso, peraltro pregevole, gruppo-madre.
Voto
Microby: 7.8
Preferite:
Parade, Bloodsucker,
The Ballad of Arlo Jones
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