giovedì 22 gennaio 2015

Scampoli di 2014: ROYAL BLOOD, THE NEW BASEMENT TAPES, KEVIN MORBY


ROYAL BLOOD (2014) Royal Blood

Perché certa critica esalti alcuni gruppi e ne distrugga altri, tutti in realtà artefici (o rei) di musica non originale ma derivativa, ben suonata ed interpretata anche se non allineata ai tempi, è un mistero. O è spiegabile con lo snobismo di alcuni recensori (soprattutto contro le bands che sfondano le charts) o con la moda estetica del momento. Ora che si esalta qualunque gruppo che si rifaccia all’acid rock californiano o al merseybeat/psychedelic rock inglese anni ’60, si dileggia il debutto (di successo) di un duo (batteria e chitarra trattata a basso o viceversa) come i Royal Blood perché suona come un frullato (molto ben calibrato) di Arctic Monkeys, Queens of The Stone Age, primi Muse e White Stripes (con la voce del cantante Mike Kerr che ricorda da vicino quella di Jack White). E’ vero, tutto già sentito, ma che ci si provi ad infilare 10 potenziali (buoni) singoli in un album suonando solo in 2 e solo 2 strumenti… Non potranno ripetere la ricetta all’infinito i due di Brighton, ma quella di oggi è molto gustosa.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Come On Over, Little Monster, Figure It Out
 
THE NEW BASEMENT TAPES (2014) Lost On The River
La storia è nota: Lost On The River è la messa in musica di alcuni testi scritti da Bob Dylan durante il ritiro con The Band nel 1967 nei dintorni di Woodstock (da cui gli “Old” Basement Tapes). Ritrovati e consegnati dall’autore a T-Bone Burnett perché venissero musicati, sono stati da quest’ultimo proposti ad un gruppo di musicisti di caratura (ribattezzati The New Basement Tapes): Elvis Costello, Jim James, Marcus Mumford, Rhiannon Giddens, Taylor Goldsmith. Gli artisti si sono spartiti le canzoni ed hanno individualmente scritto le musiche ed arrangiato i brani. La produzione di Burnett cerca di smussare gli spigoli, ma non riesce del tutto a rimediare all’ovvia mancanza di amalgama ed omogeneità delle proposte, vista la differente estrazione musicale dei protagonisti coinvolti (americana, folk, country, pop, folk-rock). I brani tuttavia restano, presi singolarmente chi più chi meno, di buona (talvolta ottima) qualità e pregevole interpretazione, con una preferenza (personale) per Marcus Mumford e Jim James.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Down On The Bottom, Kansas City, Liberty Street
 
KEVIN MORBY (2014) Still Life
Ex co-fondatore del supergruppo indie-rock The Babies e tuttora membro dei Woods, band indie-roots, l’americano è al secondo sforzo da solista e dimostra di avere parecchie frecce nella faretra: scrittura ed esecuzione semplice, quasi svogliata (apparentemente), meno roots dei Woods e più di ispirazione cantautorale indie-folkrock, che cita il Bob Dylan di Desire, il Robyn Hitchcock meno psichedelico, il Pete Doherty meno rock. Anche nella voce bassa e nasale, introspettiva e sofferta ricorda i precedenti. In summa, un disco ed un artista da preferire allo stesso, peraltro pregevole, gruppo-madre.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Parade, Bloodsucker, The Ballad of Arlo Jones


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