BETH HART (2015) Better Than
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Dopo tre album che, soprattutto grazie alla compartecipazione di Joe Bonamassa, hanno riportato al successo non solo europeo la Hart (tornata ad essere headliner anche nei concerti americani), alla cantante va riconosciuto il grande coraggio di cambiare non solo il produttore, ma tutta la band di supporto compreso il chitarrista (con Bonamassa sostituito da Larry Campbell), e soprattutto di tornare a scrivere canzoni come agli esordi, anziché fare solo da (eccellente) interprete di brani black. Tanto ardire si traduce in una maggiore introspezione, sia nella scrittura che nell’esecuzione: nonostante i principali modelli restino Etta James per la componente soul-blues-R&B e Tina Turner per quella rock-funky, il nuovo corso dà maggior spazio al soul alla Adèle e al pop intimo alla Elton John dei ’70. Mancano ovviamente gli assolo di Bonamassa, tuttavia tanto coraggio viene premiato da un lavoro equilibrato e soprattutto dalla riscoperta di una cantautrice, non solo interprete, di vaglia.
Preferite: Tell ‘em To Hold On, Better Than Home, Might As Well Smile
STORNOWAY
(2015) Bonxie
Il quartetto di amici d’università ad Oxford giunge col terzo album alla piena maturità, dopo un incipit indie-folk che è tuttora palpabile come ispirazione e fra le trame di scrittura e messa in opera. In Bonxie la freschezza pop dei Fanfarlo va a braccetto con l’eleganza formale dei Crowded House, con sprazzi bucolici di scuola Fleet Foxes, armonie vocali che richiamano i Bear’s Den, spunti folk-pop già ammirati nei Decemberists, ed ovunque il profumo di adolescenza che si respira in American Graffiti. Insieme a quello dei The Leisure Society, il perfetto disco pop per aprire l’estate.
Preferite: Between The Saltmarsh And The Sea, The Road You Didn’t Take, Love Song Of Beta Male
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