CHRIS
STAPLETON (2015) Traveller
Ex
leader degli Steeldrivers e dei Jompson Brothers, ma soprattutto
scrittore di vaglia per conto di interpreti più o meno noti in
ambito country-rock,
non si capisce perché il nostro, barbuto dotato di una voce potente
e cartavetrata (tra John Mellencamp e Bob Seger) e di personalità
musicale da fuoriclasse, abbia atteso tanto per l’esordio da
solista. Debutto che merita per scrittura (era ovvio),
interpretazione, arrangiamenti elettroacustici fondati sulle
chitarre, e che tuttavia non arriva all’eccellenza perché la
produzione sceglie di non osare l’originalità optando per una via
classica di volta in volta più vicina al rock,
o al country, o al
cantautorato outlaw.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
Parachute,
Traveller, Might As Well Get Stoned
JAMES BAY (2015) Chaos And The
Calm
Splendida
voce da white soul,
eccellente autore di ballads, ottimo chitarrista acustico (come
apprezzabile nei bonus tracks), bella presenza scenica, ed alcuni EP
che già lo proiettavano nell’olimpo delle stars. Eppure,
all’esordio su lunga distanza, per il 25enne musicista inglese
qualcosa non funziona: forse la produzione indecisa tra il farne un
cantautore di riferimento per sua generazione (in questo caso, nel
solco di Ben Howard,
Nick Mulvey, Michael Kiwanuka) o il nuovo idolo radiofonico alla
Adèle o, meglio, Hozier,
di fatto Chaos And The Calm
si ferma a metà del guado e scontenta un po’ tutti. Sorprende in
particolare la distanza tra le bellissime ballads e le dozzinali
(anche nei crescendo epici della chitarra elettrica, molto U2-style)
canzoni dal piglio rock. Peccato, soprattutto perché si ha la
sensazione di un artista di vaglia, che non si vorrebbe perdere.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Hold
Back The River, Let It Go, Craving
SELAH SUE (2015) Reason
Personalità
carismatica, voce originale e potente, appeal mediatico, un visino
imbronciato sotto la bionda criniera raccolta alla Brigitte Bardot,
una scrittura eclettica nelle varie sfumature del black,
un ottimo riscontro sia di critica che di vendite col debutto omonimo
nel 2011. Che peccato allora che la graziosissima belga, al secolo la
26enne Sanne Putseys, abbia seguìto già al secondo album la deriva
di Joss Stone, e come quest’ultima sia vittima di produzioni che
hanno snaturato il suo riuscitissimo e moderno mix di soul, reggae,
R’n’B, ragamuffin, funk, bossanova. Ora siamo più dalle parti
dell’elettro-soul
e degli house beats:
il suono è apparentemente più moderno, in realtà è massificato
con arrangiamenti ad uso e consumo dei supermercati e dei dance
floors americani alla moda (effimera). Si fa
persino fatica a capire se almeno la scrittura si salvi, chè si
potrebbe sperare in una futura resurrezione. Per ora resta la
delusione di una puledra di razza che avevamo dato troppo presto per
vincente.
Voto
Microby: 6
Preferite:
Reason,
Always Home
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