martedì 25 agosto 2015

CHRIS STAPLETON, JAMES BAY, SELAH SUE


CHRIS STAPLETON (2015) Traveller

Ex leader degli Steeldrivers e dei Jompson Brothers, ma soprattutto scrittore di vaglia per conto di interpreti più o meno noti in ambito country-rock, non si capisce perché il nostro, barbuto dotato di una voce potente e cartavetrata (tra John Mellencamp e Bob Seger) e di personalità musicale da fuoriclasse, abbia atteso tanto per l’esordio da solista. Debutto che merita per scrittura (era ovvio), interpretazione, arrangiamenti elettroacustici fondati sulle chitarre, e che tuttavia non arriva all’eccellenza perché la produzione sceglie di non osare l’originalità optando per una via classica di volta in volta più vicina al rock, o al country, o al cantautorato outlaw.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Parachute, Traveller, Might As Well Get Stoned
 
 
JAMES BAY (2015) Chaos And The Calm


Splendida voce da white soul, eccellente autore di ballads, ottimo chitarrista acustico (come apprezzabile nei bonus tracks), bella presenza scenica, ed alcuni EP che già lo proiettavano nell’olimpo delle stars. Eppure, all’esordio su lunga distanza, per il 25enne musicista inglese qualcosa non funziona: forse la produzione indecisa tra il farne un cantautore di riferimento per sua generazione (in questo caso, nel solco di Ben Howard, Nick Mulvey, Michael Kiwanuka) o il nuovo idolo radiofonico alla Adèle o, meglio, Hozier, di fatto Chaos And The Calm si ferma a metà del guado e scontenta un po’ tutti. Sorprende in particolare la distanza tra le bellissime ballads e le dozzinali (anche nei crescendo epici della chitarra elettrica, molto U2-style) canzoni dal piglio rock. Peccato, soprattutto perché si ha la sensazione di un artista di vaglia, che non si vorrebbe perdere.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Hold Back The River, Let It Go, Craving
 
 

 SELAH SUE (2015) Reason

Personalità carismatica, voce originale e potente, appeal mediatico, un visino imbronciato sotto la bionda criniera raccolta alla Brigitte Bardot, una scrittura eclettica nelle varie sfumature del black, un ottimo riscontro sia di critica che di vendite col debutto omonimo nel 2011. Che peccato allora che la graziosissima belga, al secolo la 26enne Sanne Putseys, abbia seguìto già al secondo album la deriva di Joss Stone, e come quest’ultima sia vittima di produzioni che hanno snaturato il suo riuscitissimo e moderno mix di soul, reggae, R’n’B, ragamuffin, funk, bossanova. Ora siamo più dalle parti dell’elettro-soul e degli house beats: il suono è apparentemente più moderno, in realtà è massificato con arrangiamenti ad uso e consumo dei supermercati e dei dance floors americani alla moda (effimera). Si fa persino fatica a capire se almeno la scrittura si salvi, chè si potrebbe sperare in una futura resurrezione. Per ora resta la delusione di una puledra di razza che avevamo dato troppo presto per vincente.
Voto Microby: 6
Preferite: Reason, Always Home









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