sabato 15 agosto 2015

DJANGO DJANGO, EVERYTHING EVERYTHING, THE MACCABEES


DJANGO DJANGO (2015) Born Under Saturn


Al secondo album la band scozzese (ma attiva a Londra) conferma tutte le doti emerse con l’esordio nel 2012: un art-pop moderno ed originale che riconosce la struttura portante nei ritmi vivaci a contrappunto di armonie vocali raffinate (cui è demandata la linea melodica), ed in cui chitarre e tastiere (acustiche ed elettroniche) fungono principalmente da elementi decorativi. I nostri vanno a cercare i mèntori nel passato (dai Talking Heads ai Beach Boys, dai Devo ai 10CC come al Brian Eno più pop e ritmico) e gli esempi nel presente (i coevi Alt-J ed Everything Everything, ed ancora Brian Eno con Karl Hyde o David Byrne). Il frullato è brillante ma denso di idee, al punto che invece di qualche bonus track si sottrarrebbero volentieri 2-3 canzoni. Non sembra un gran difetto.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Giant, Found You, First Light



EVERYTHING EVERYTHING (2015) Get To Heaven


Molto curati, accattivanti e moderni sia i suoni che la copertina del terzo album della band di Manchester. Si aggiunga la solita splendida, unica voce di Jonathan Higgs con il suo frenetico falsetto ma anche la corposità dei suoi timbri bassi, strumentisti eccellenti e non una nota fuori posto per un album concepito come una moderna sintesi di art-pop orecchiabile ed elettronica dance-friendly. Eppure il disco non decolla mai: forse troppo studiato a tavolino, certamente privo di grandi canzoni. Resta carino e piacevole, sospeso com’è tra Pet Shop Boys ed il Madchester sound alla Happy Mondays ma con arrangiamenti update per il nostro tempo.
Voto Microby: 7
Preferite: To The Blade, Regret, Distant Past



THE MACCABEES (2015) Marks To Prove It

La carica chitarristica dei British Sea Power, l’epica dei primi Simple Minds, il mood malinconico dei Depeche Mode, lo spleen romantico degli Elbow (con il timbro triste di Weeks che a tratti ricorda la voce di Guy Garvey), una scrittura sospesa tra la new wave anni ’80 e la sua rivisitazione degli anni ’00: questo il bagaglio portato dal combo londinese che fa capo al cantante Orlando Weeks, giunto al traguardo del quarto, più immediato e migliore lavoro. Nulla di originale, e non vi è traccia (nemmeno omeopatica) di leggerezza ed ironia, ma quanto suonato, prodotto e pubblicato dai Maccabei non deve mancare nel lettore di chi ama i gruppi sopracitati.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Kamakura, Spit It Out, Marks To Prove It




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