EAST OF VENUS (2016) Memory Box
Sfortunati
i Feelies. Nel
1977 infiammavano il palco del CBGB’s a New York insieme a
Television, Talking Heads, Patti Smith, ma ottenevano contratto e
pubblicazione del primo album solo nel 1980. In tempo per essere
citati dai R.E.M.
come la fonte di ispirazione primaria nel loro frullare vari modelli
musicali (folk-rock, punk, country-rock, garage, new wave,
psichedelia) per farne qualcosa di nuovo (non unico perché da allora
avrebbero fatto scuola, benché il gruppo di Michael Stipe sia citato
mille volte più di loro anche per via di un talento indubbiamente
superiore). Di successo commerciale manco a parlarne. Gli East of
Venus rappresentano la metà dei Feelies
(il chitarrista e vocalist Glenn Mercer ed il batterista Stanley
Demeski) 40 anni dopo, un supergruppo completato da membri di Winter
Hours, Luna e The
Bongos; ma l’album (postumo per il
band-leader Michael Carlucci, deceduto alla fine delle registrazioni)
sembra un lavoro dei R.E.M. riesumato dai cassetti degli anni ’80,
col suo jangly-guitar pop
acidulo, malinconico ed essenziale a sua volta influenzato da Velvet
Underground, The Byrds, Patti Smith, Faces, Rolling Stones, ma anche
da suoni che richiamano il Paisley Underground. Imperdibile
per chi volesse assaporare insieme le radici e l’eredità dei
R.E.M.
Voto
Microby:
7.7
Preferite:
Let’s
Find A Way, In The Sun, Jane September
MUDCRUTCH
(2016) Mudcrutch 2
Secondo
capitolo della reunion del gruppo che in illo tempore (1970-1975)
aveva preceduto la fondazione di Tom Petty
& The Heartbreakers, e che si era
sciolto non avendo ottenuto contratto discografico. La storia è
nota: Tom Petty con i suoi spezzacuori è da quasi 40 anni un’icona
del rock a stelle e strisce, ed il gioco di richiamare i membri del
gruppo originario (tra i quali il chitarrista Mike Campbell ed il
tastierista Benmont Tench poi con lui negli spezzacuori) aveva portato ad un omonimo esordio come
Mudcrutch nel 2008, con la pura intenzione di divertirsi. Ma da
musicisti di così spiccato talento sia l’omonimo che l’attuale
“2” risultano prove di indubbio valore. Per “2” potremmo
dire, come una volta, di un lato A all’altezza di un album degli
Heartbreakers, e di un lato B che invece funge da puro
divertissement, con un garage-rock seventies (matrice dei Mudcrutch)
ingentilito dall’età dei protagonisti. Da 8 la prima parte, da 6.5
la seconda. Totale 7.3 e la speranza che non appendano gli strumenti
al chiodo.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Dreams
of Flying, Beautiful Blue, Beautiful World
JAMES BLAKE (2016) The Colour
In Anything
Per
il cantautore inglese maestro dei nuovi “Nick Drake elettronici”
un album in cui un’elettronica essenziale, quasi ambient, e
ritmiche trip-hop sono al servizio di una scrittura dalle nuances tra
il malinconico e il disperato. Lontano dalla glacialità minimale
dell’esordio nel 2011, e dalle melodie lievemente meno ispirate
rispetto al migliore Overgrown
del 2013. L’eccessiva lunghezza (78’) nuoce alla concentrazione,
col rischio di un ascolto di sottofondo, ma un pugno di canzoni sono
di classe sopraffina.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Radio
Silence, Love Me In Whatever Way, I Need A Forest Fire
Nessun commento:
Posta un commento