lunedì 1 agosto 2016

THE TRASH CAN SINATRAS, THE CORAL, JAKE BUGG


THE TRASH CAN SINATRAS (2016) Wild Pendulum




Soli sei album in 26 anni testimoniano la debole attrattiva che il mercato esercita sul quintetto scozzese, ma opterei piuttosto per la propensione del leader ed autore delle canzoni Frank Reader a pubblicare del nuovo materiale solo quando ritenuto all’altezza. Questo perché ovunque si peschi nella discografia dei TCS si coglie un gioiellino. Figli della grande scuola scottish pop degli anni ’80 (Aztec Camera ed Orange Juice su tutti), all’esordio con lo splendido Cake nel 1990 e fino ad oggi, non hanno cambiato rotta rispetto ai mèntori: un jangly guitar pop elettroacustico gentile, raffinato, fresco ed orecchiabile al punto da rappresentare uno stile evergreen. Sempre scarsa l’esposizione in Italia (io li scoprii per caso acquistando il loro secondo album in un mercatino di Londra verso fine millennio), hanno invece goduto di un discreto air play sia in Inghilterra che oltre oceano fino ai primi 2 dischi, poi spazzati via dal ciclone brit-pop in UK e grunge in USA. Non si faccia scappare quest’ultima delizia chi apprezza Aztec Camera, Lighting Seeds, Lilac Time, Crowded House, Beautiful South, Prefab Sprout, Teenage Fanclub. Se ne stia alla larga chi preferisce suoni più aggressivi, sporchi, elettrici, più figli del rock che del pop, dei Rolling Stones che dei Beatles.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Best Days On Earth, Let Me Inside, Waves




THE CORAL (2016) Distance Inbetween


Con la dipartita del chitarrista e compositore Bill Ryder-Jones (che si è dedicato ad una interessante carriera solista, cantautorale e prevalentemente acustica) e l’ingresso in squadra di Paul Molloy, chitarrista della rock-band The Zutons, il quintetto di Liverpool anziché sbandare ha compattato non solo i ranghi ma anche il suono, il più solido (ma non il più brillante) finora pubblicato. Ora le canzoni sono costruite intorno a riff di chitarra elettrica ammorbiditi da tastiere vintage e dalle consuete armonie vocali in stile-Byrds, ed il pop-rock psichedelico che ne deriva rimanda al pre-britpop dei gruppi del Madchester movement (The Stone Roses, Inspiral Carpets, The Charlatans), figlio più dei Pink Floyd dei sixties che della west-coast ’60. Un abito nuovo per i Coral, ma non per il panorama musicale esistente; tuttavia i nostri lo sanno fare meglio di altri.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Chasing The Tail of A Dream, Connector, Miss Fortune



JAKE BUGG (2016) On My One


Country, hillbilly, hip-hop, new wave, folk, R&B, easy listening, soul. Non si tratta delle influenze musicali del 22enne di Nottingham, ma del genere che caratterizza le single canzoni, in modo totalmente slegato l’una dall’altra. Eterogeneità al limite apprezzabile in una compilation, non al terzo album di un promettentissimo 18enne all’esordio nel 2012. Un anno tra il primo ed il secondo, tre dal secondo all’attuale, un tempo che sembra sprecato visto che il nostro non ha ancora chiare le idee sulla strada da imboccare. Già la sua voce ipernasale ed acidula risulta idiosincratica a molti ascoltatori, se ci aggiungiamo una scrittura non al livello dei precedenti lavori ed arrangiamenti spiazzanti, beh si fatica a parlare positivamente al presente di quella che ahimè continua a rimanere una giovane promessa.
Voto Microby: 6.5
Preferite: Bitter Salt, Gimme The Love, Livin’Up Country


 
 

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