ED
HARCOURT (2016) Furnaces
Con
gli ultimi due lavori il polistrumentista inglese sembrava essersi
avviato verso soluzioni musicali più scarne, essenziali, quasi da
cantautore puro piano-voce, peraltro riuscendo bene anche in questa
scelta più intimista rispetto al pop orchestrale ed al brit-pop del
primo decennio di attività. E invece ci troviamo di fronte al primo
album che di cantautorale ha poco, che anzi sembra il prodotto di una
band. La scelta del produttore Flood
(già al lavoro in passato con U2, PJ Harvey, Nick Cave, Nine Inch
Nails) ha spostato l’atmosfera generale al decennio
fine-‘80/fine-’90, con suoni più marcati ed attuali rispetto
alle note influenze classiche (soprattutto nell’uso del
pianoforte), senza sottrarre la pregnante carica soulful e gospel,
spesso melodrammatica tanto da farlo spesso accostare a Rufus
Wainwright (senza barocchismi). Furnaces
è in brillante equilibrio tra il pop orchestrale di Lustre
(2011), la semplicità di Back Into The Woods
(2013) e le ballate minimaliste di Time of
Dust (EP 2014): i riferimenti restano Richard
Hawley, Nick Cave, Badly Drawn Boy, ma
piacerebbe anche all’ultimo David Bowie.
Certamente uno dei cantautori (in senso lato) inglesi più importanti
del nuovo millennio.
Voto
Microby: 8
Preferite: Furnaces, Loup Garou, You Give Me More Than Love
VAN MORRISON (2016) Keep Me
Singing
I detrattori del bardo irlandese sostengono che ripete
da sempre il medesimo album. Di più: la medesima canzone.
Considerazione ovviamente esagerata ma non del tutto falsa: anche
ammettendo la coerenza al proprio stile musicale (inimitabile ma
imitatissimo), è vero che gli accordi di molte canzoni, distanti
anche decenni, sono al limite dell'autoplagio. Tuttavia dopo 50 anni
di attività baciata da numerosi capolavori (sia canzoni che album) e
caratterizzata dall'enorme influenza profusa sulla musica bianca e
nera (probabilmente in Europa tra i cantautori solo Nick Drake è
stato altrettanto seminale per le generazioni successive), non
possiamo esimerci dall'applaudirlo ogni volta che dimentica pigrizia
e caratteraccio per donarci un nuovo lavoro, riconoscibilissimo dopo
due note, ancora prima di essere scaldati dalla sua mitica voce. A
differenza degli ultimi 2-3 lustri, questa volta non è entrato in
studio per timbrare (ad arte) il cartellino, ma ha scritto fior di
canzoni che si nutrono al solito di soul,
R&B, blues, folk, jazz. Ebbene sì,
anche stavolta ha copiato dai propri appunti, trovati nei cassetti
degli anni '80 (dalle parti di Beautiful
Vision, Inarticulate Speech of The Heart, Poetic Champions Compose,
Avalon Sunset), ma si è applicato con
passione ed il risultato è un disco in cui prevalgono le ballads,
che si ascolta insieme con leggerezza e trasporto, nel quale ogni
singola canzone dà piacere e strapperebbe applausi se ascoltata nel
disco d'esordio di qualunque giovane cantautore "vanmorrisoniano".
Nessun capolavoro perchè non c'è nessuna sorpresa: solo il solito,
gran bel disco. Non è scontato, e soprattutto non è da tutti.
Imitatori compresi.
Voto Microby: 8
Preferite: Holy
Guardian Angel, Keep Me Singing, Out In The Cold Again
1 commento:
VAN MORRISON - Keep me Singing (2016)
Ad un anno dall’album di duetti (non tutti di qualità eccelsa), Van The Man cambia etichetta (ultimamente i discografici sembra si fidino poco dei suoi sbalzi d’umore) ma recupera il suo classico “celtic soul”, miscela di jazz, pop, soul, rock, R&B. Il disco è caldo ed avvolgente, con arrangiamenti modulati a seconda delle necessità, da orchestrali a stripped down, e con la sua solita voce da grande soul singer. Dopo i primi 5-6 brani di gran classe, nella seconda parte per la verità la sua ispirazione sembra un po' venire meno. Un buon disco, che per certi versi rimanda ad alcuni suoi lavori degli anni ’80. Voto: ☆☆☆1/2
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