LAURA
MARLING (2017) Semper femina
“Varium
et mutabile semper femina…” è il verso dall’Eneide di Virgilio
che ha ispirato il titolo del sesto album della cantautrice inglese,
dedicato ad una personale esplorazione del mondo femminile.
Folksinger la cui discografia la colloca finora ai massimi livelli
nella considerazione dei critici tra le colleghe di tutto il mondo, e
certamente al primo posto (in coabitazione con P.J. Harvey) tra
quelle inglesi. Anche in quest’ultimo album dimostra una maturità
artistica invidiabile ma già acquisita da tempo, nonostante gli
attuali 27 anni. Semper
femina
ha un baricentro solido non solo nelle liriche, ma anche musicale:
abbandonate le asperità garagiste del precedente Short
Movie,
il nuovo lavoro è centrato sulla forma-canzone, acustico e mai così
raffinato, inglese (leggi il Nick
Drake
con gli archi), chamber-pop (vedi Agnes
Obel),
e con gli arpeggi di chitarra e la solita voce limpida e vibrata che
rimandano immediatamente a Joni
Mitchell.
L’album necessita di molti ascolti per essere apprezzato in tutte
le sue sfumature, ed ogni singolo brano ci appare buono, se non
eccellente: tuttavia si ha sempre l’impressione di un disco
concepito con il cuore ma realizzato prevalentemente con la testa.
Una sottile patina di controllo cerebrale delle emozioni che ancora
una volta non permette all’artista di regalarci il capolavoro
possibile, che siamo certi prima o poi partorirà.
Voto
Microby: 8
Preferite:
Wild
Fire, Don’t Pass Me By, Soothing
VALERIE JUNE (2017) The Order
of Time
Talentuosa, bellissima e col physique du role per
diventare una stella del mainstream, la polistrumentista del
Tennessee non guarda a Billboard ma ripropone la variopinta tavolozza
musicale dell'eccellente album del 2013 Pushin'
Against A Stone: tutti i colori del sud degli
Stati Uniti (principalmente folk,
ma anche country, blues, soul)
come vivesse negli anni '30, intrisi di negritudine dolente e
sofferta come ci hanno abituato le voci rassegnate del blues maliano.
Non ci sono vie di mezzo: ad un ascolto superficiale la June appare
lamentosa e ripetitiva, ad uno attento affiorano senza prepotenza
tutte le influenze bianche e nere di oltre mezzo secolo di storia
musicale americana, dalle dodici battute nei campi di cotone al ritmo
del rock'n'roll. Non si va oltre perchè un salto nel pop, o
nell'alt-R&B, o nel nu-soul rappresenterebbe il presente cui la
rivisitazione storica di Valerie June non è attualmente interessata.
Il rischio è che resti materia per pochi appassionati, ma ben
vengano anche ascoltatori solo curiosi.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Slip
Slide On By, Love You Once Made, The Front Door