JOHN
MAYER (2017) The Search For Everything
Da
sempre indicato come l’erede dell’Eric
Clapton pop-soul,
per via della voce dal timbro morbido sebbene dalla tonalità poco
estesa, della brillantezza tecnica e pulizia formale della chitarra,
dell’appeal mediatico, l’americano ha dimostrato addirittura
maggior versatilità rispetto al leggendario chitarrista inglese,
cimentandosi con apprezzabili risultati in ambito pop, soul, blues,
country, jazz, sia in studio che dal vivo. Dopo due interessanti
lavori di impronta country-rock, il nostro torna ora alle radici
della sua ispirazione, quel morbido soul bianco con la chitarra dallo
swing blues che aveva caratterizzato gli esordi del millennio fino al
suo maggior successo commerciale, l’insuperato (anche
qualitativamente) Continuum
(2006). Passata la burrasca dopo i gossip, riguardanti le ex
fidanzate Jessica Simpson e Jennifer Aniston, che ne avevano
intaccato l’immagine pubblica pochi anni fa e lo avevano spinto ad
un ritiro in campagna alla riscoperta delle radici musicali bianche,
ora Mayer torna ad un pop solare ed a vellutate ballads soul che
ricordano Curtis
Mayfield
e Jack
Johnson,
Amos
Lee
e James
Blunt,
ed ovviamente lo Slowhand più pop-soul. E’ un buon ritorno, cui
tuttavia arrangiamenti un po’ prevedibili impediscono l’eccellenza.
Voto
Microby: 7.6
Preferite:
Helpless,
Love On The Weekend, Emoji of A Wave
WHY? (2017)
Moh Lhean
Più un poeta prestato al canto, più declamatore di rime che rapper bianco su un impianto
melodico indie-pop,
Yoni Wolf nella carriera solista post-cLOUDDEAD ha enfatizzato
l’aspetto pop senza rinunciare alla scrittura di musiche sghembe,
dal percorso non lineare come da dogma indie, ed accentuato
l’attenzione alle poliritmie
che movimentano una scrittura altrimenti agrodolce e malinconica. Moh
Lhean,
titolo enigmatico con il quale Why? (il moniker del californiano) è
giunto al sesto album, risulta positivo ed efficace nella sua
intelligente originalità, che rimanda per sensibilità musicale ad
Alt-J,
Grizzly Bear, tUnE-yArDs,
Django
Django, Steve Mason,
seppur scontando una certa frammentarietà nelle singole canzoni e
dispersività nell’insieme. Adatto ad orecchie che abbiano voglia
di ascoltare qualcosa di diverso in ambito pop.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
This
Ole King, Proactive Evolution, Easy
1 commento:
Era stato già anticipato dai due EP “Wave One” e “Wave Two” usciti ad inizio anno, a quattro anni dal precedente Paradise Valley e dopo un anno di tournée con i Dead & Company (ovvero ciò che rimane dei Grateful Dead), L’inizio è un R&B che sembra uscito da un mash-up di Marvin Gaye e Michael Franks, e seguono poi molti brani contaminati dai generi più disparati, dall’hip hop al jazz, dal rock al country- blues. Un disco a tratti un pò troppo mainstream (con conseguente storcimento di naso del suo pubblico più bluesofilo), ma che non manca di episodi decisamente piacevoli, ben arrangiati ed equlibrati. Voto: ☆☆☆1/2
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