mercoledì 10 maggio 2017

JOHN MAYER, WHY?


JOHN MAYER (2017) The Search For Everything




Da sempre indicato come l’erede dell’Eric Clapton pop-soul, per via della voce dal timbro morbido sebbene dalla tonalità poco estesa, della brillantezza tecnica e pulizia formale della chitarra, dell’appeal mediatico, l’americano ha dimostrato addirittura maggior versatilità rispetto al leggendario chitarrista inglese, cimentandosi con apprezzabili risultati in ambito pop, soul, blues, country, jazz, sia in studio che dal vivo. Dopo due interessanti lavori di impronta country-rock, il nostro torna ora alle radici della sua ispirazione, quel morbido soul bianco con la chitarra dallo swing blues che aveva caratterizzato gli esordi del millennio fino al suo maggior successo commerciale, l’insuperato (anche qualitativamente) Continuum (2006). Passata la burrasca dopo i gossip, riguardanti le ex fidanzate Jessica Simpson e Jennifer Aniston, che ne avevano intaccato l’immagine pubblica pochi anni fa e lo avevano spinto ad un ritiro in campagna alla riscoperta delle radici musicali bianche, ora Mayer torna ad un pop solare ed a vellutate ballads soul che ricordano Curtis Mayfield e Jack Johnson, Amos Lee e James Blunt, ed ovviamente lo Slowhand più pop-soul. E’ un buon ritorno, cui tuttavia arrangiamenti un po’ prevedibili impediscono l’eccellenza.
Voto Microby: 7.6
Preferite: Helpless, Love On The Weekend, Emoji of A Wave





WHY? (2017) Moh Lhean


Più un poeta prestato al canto, più declamatore di rime che rapper bianco su un impianto melodico indie-pop, Yoni Wolf nella carriera solista post-cLOUDDEAD ha enfatizzato l’aspetto pop senza rinunciare alla scrittura di musiche sghembe, dal percorso non lineare come da dogma indie, ed accentuato l’attenzione alle poliritmie che movimentano una scrittura altrimenti agrodolce e malinconica. Moh Lhean, titolo enigmatico con il quale Why? (il moniker del californiano) è giunto al sesto album, risulta positivo ed efficace nella sua intelligente originalità, che rimanda per sensibilità musicale ad Alt-J, Grizzly Bear, tUnE-yArDs, Django Django, Steve Mason, seppur scontando una certa frammentarietà nelle singole canzoni e dispersività nell’insieme. Adatto ad orecchie che abbiano voglia di ascoltare qualcosa di diverso in ambito pop.
Voto Microby: 7.5
Preferite: This Ole King, Proactive Evolution, Easy







1 commento:

lucaf ha detto...

Era stato già anticipato dai due EP “Wave One” e “Wave Two” usciti ad inizio anno, a quattro anni dal precedente Paradise Valley e dopo un anno di tournée con i Dead & Company (ovvero ciò che rimane dei Grateful Dead), L’inizio è un R&B che sembra uscito da un mash-up di Marvin Gaye e Michael Franks, e seguono poi molti brani contaminati dai generi più disparati, dall’hip hop al jazz, dal rock al country- blues. Un disco a tratti un pò troppo mainstream (con conseguente storcimento di naso del suo pubblico più bluesofilo), ma che non manca di episodi decisamente piacevoli, ben arrangiati ed equlibrati. Voto: ☆☆☆1/2

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