SAM
BAKER (2017) Land of Doubt
Il
Texas è tradizionalmente uno stato ricco di country-singers ai
margini, di folk-singers perdenti, di poeti visionari e sensibili
prestati alla musica. Da lì, patria dei "loners"
Guy Clark, Robert Earl Keen, Terry Allen e soprattutto Townes
Van Zandt,
tra i padri fondatori del cantautorato malinconico ed intimista a
stelle e strisce, viene Sam Baker. Il quale, tanto per non smentire
la leggenda, ha una storia personale disgraziata: vittima a 32 anni
di un attentato terroristico (una bomba di Sendero luminoso) mentre
era in viaggio in Perù sul treno tra Cuzco e Machu Pichu, oltre
all'esperienza tragica in sè di vedersi sopravvissuto tra corpi
dilaniati, ne esitava una severa ipoacusia e la perdita dell'uso del
braccio destro. All'età di 50 anni e 18 interventi chirurgici dopo,
ed essendosi istruito all'utilizzo della mano sinistra per la
chitarra e all'intonazione vocale minata dalla sordità, è giunto
nel 2004 all'esordio discografico con Mercy.
Oggi, al quinto lavoro scarno ma non disadorno (plettri, archi,
percussioni essenziali e una tromba con sordina sottolineano le sue
poesie declinate in musica; imbraccia perfino l’elettrica con
parsimonia), si conferma alfiere della diretta semplicità dei
linguaggi folk
e country,
melodista minimale su testi più parlati che cantati, una voce
vissuta che dipinge con malinconia un’umanità di perdenti, e
racconta con tono dolente l’ineluttabilità, più che la tragicità
della vita. E
sempre con pacata accettazione, mai rassegnazione : “Stars and
crosses/ crosses and stars/ we meet at the border/ with its beauty
and its scars” (Land of Doubt). Sarà
molto apprezzato da chi ha amato il Johnny Cash degli American
Recordings
o la recente riscoperta di Bill
Fay.
Voto
Microby: 8
Preferite:
Peace
Out, The Feast of Saint Valentine, Where Fallen Angels Dwell
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