giovedì 14 marzo 2019

GARY CLARK JR.


GARY CLARK JR. (2019) This Land



Giusto per puntualizzare il genere, due-brani-due stilisticamente etichettabili come blues su un totale di 17 canzoni (comprese due bonus tracks) sono obiettivamente poco per quello che era finora considerato l’alfiere della rinascita/riattualizzazione della musica del diavolo. Nella sua ricerca, spesso caotica ma decisamente libera e spontanea, di dare un nuovo linguaggio al blues, il chitarrista-cantante-compositore texano di colore si è progressivamente spostato dagli esordi blues nel 2008 ad un approccio a 360° a tutta la musica nera, focalizzandosi in quest’ultimo lavoro più che al prologo (il blues) ed all’epilogo (l’hip-hop), all’ampia e ricca discografia di mezzo, quella storica fatta di rock, soul/rhythm and blues e reggae. A contarli, 6 sono i brani R’n’B, 4 quelli rock, 2 come scritto i blues, 4 quelli reggae (i migliori), 1 punk’n’roll (Gotta Get Into Something, che non sarebbe stato fuori luogo in un disco dei Ramones). A tutti i sottogeneri andrebbe incollato il prefisso “hard”, sia perché l’approccio è elettrico, sia perché la sovrapposizione e distorsione degli strumenti rende il suono sporco e cattivo. Stavolta nella testa e nel cuore dell’artista americano il suo proverbiale chitarrismo hendrixiano si sposa con le suadenze soul di Marvin Gaye ed il falsetto di Prince, ma soprattutto la grinta R’n’B-funky di Sly Stone ed il ritmo in levare di Bob Marley. Non tutto fila liscio, perché necessitano parecchi ascolti per dipanare l’apparente disordine musicale ed apprezzare la (buona) sostanza. D’altra parte un suono più levigato, come atteso dal mercato, avrebbe probabilmente forgiato una caricatura di Lenny Kravitz; né l’ascoltatore sente l’esigenza di un nuovo virtuoso dell’elettrica alla Joe Bonamassa. Qui siamo più dalle parti dei primi album di Black Joe Lewis (un po’ persosi recentemente) e dell’emergente Fantastic Negrito, con la plusvalenza della chitarra elettrica di Gary Clark Jr. che riporta prepotentemente alla mente Jimi Hendrix. Al solito, mentre tutti concordano nell’applaudire l’artista nella dimensione live ed attendono il capolavoro (nelle corde dell’artista di Austin), quello prodotto in studio lascia sempre il sapore amarognolo dell’incompiuto. Ma di straordinaria carica vitale. Da non perdere al Vittoriale di Gardone Riviera (BS) il prossimo 24 giugno.
Voto Microby: 7.6
Preferite: Feelin’ Like A Million, This Land, Feed The Babies

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