GARY
CLARK JR. (2019) This Land
Giusto
per puntualizzare il genere, due-brani-due stilisticamente
etichettabili come blues
su un totale di 17 canzoni (comprese due bonus tracks) sono
obiettivamente poco per quello che era finora considerato l’alfiere
della rinascita/riattualizzazione della musica del diavolo. Nella sua
ricerca, spesso caotica ma decisamente libera e spontanea, di dare un
nuovo linguaggio al blues, il chitarrista-cantante-compositore texano
di colore si è progressivamente spostato dagli esordi blues nel 2008
ad un approccio a 360° a tutta la musica nera, focalizzandosi in
quest’ultimo lavoro più che al prologo (il blues) ed all’epilogo
(l’hip-hop), all’ampia e ricca discografia di mezzo, quella
storica fatta di rock,
soul/rhythm and blues e reggae.
A contarli, 6 sono i brani R’n’B, 4 quelli rock, 2 come scritto
i blues, 4 quelli reggae (i migliori), 1 punk’n’roll (Gotta
Get Into Something,
che non sarebbe stato fuori luogo in un disco dei Ramones). A tutti i
sottogeneri andrebbe incollato il prefisso “hard”,
sia perché l’approccio è elettrico, sia perché la
sovrapposizione e distorsione degli strumenti rende il suono sporco e
cattivo. Stavolta nella testa e nel cuore dell’artista americano il
suo proverbiale chitarrismo hendrixiano si sposa con le suadenze soul
di Marvin Gaye
ed il falsetto di Prince,
ma soprattutto la grinta R’n’B-funky di Sly
Stone ed il
ritmo in levare di Bob
Marley. Non
tutto fila liscio, perché necessitano parecchi ascolti per dipanare
l’apparente disordine musicale ed apprezzare la (buona) sostanza.
D’altra parte un suono più levigato, come atteso dal mercato,
avrebbe probabilmente forgiato una caricatura di Lenny Kravitz; né
l’ascoltatore sente l’esigenza di un nuovo virtuoso
dell’elettrica alla Joe Bonamassa. Qui siamo più dalle parti dei
primi album di Black
Joe Lewis (un
po’ persosi recentemente) e
dell’emergente Fantastic Negrito,
con la plusvalenza della chitarra elettrica di Gary Clark Jr. che
riporta prepotentemente alla mente Jimi
Hendrix. Al
solito, mentre tutti concordano nell’applaudire l’artista nella
dimensione live
ed attendono il capolavoro (nelle corde dell’artista di Austin),
quello prodotto in studio lascia sempre il sapore amarognolo
dell’incompiuto. Ma di straordinaria carica vitale. Da non perdere
al Vittoriale di Gardone Riviera (BS) il prossimo 24 giugno.
Voto
Microby: 7.6
Preferite:
Feelin’
Like A Million, This Land, Feed The Babies
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