Genere: Soul, R&B, Funk, Hip-hop
Simili: Meters, E.W.& F., Stevie Wonder, Outkast
Voto Microby: 7.5
Preferite: Cry, Show Me The Way, Tell The Truth
Una carriera già avviata da sette dischi di impronta jazz, sia di piano-solo che di approccio orchestrale, ed una notorietà che gli arride da anni in veste di band leader del The Late Show with Stephen Colbert (sulla CBS), e poi arriva un fresco Golden Globe (poi Oscar) per la canzone Soul (ma ve ne sono altre 12 a suo nome nella colonna sonora) della Pixar, ad aprire le porte di un pout pourri musicale più ampio. Perché Jon Batiste è un eccellente polistrumentista dotato di voce carismatica e di un bagaglio di cultura black che parte dai ’60 ed arriva da attivista al movimento Black Lives Matter. Non a caso We Are prende spunto dalla revue politico-musicale che lo stesso Batiste aveva guidato pre-Covid per le vie di Manhattan dal titolo programmatico “We are: A Peaceful Protest March With Music”. Con We Are per la prima volta l’artista rompe gli indugi con decisione e ci propone la ricetta più pop-olare della musica nera americana: un caleidoscopico, allegro, libero e fresco cocktail di soul, errebì, gospel, funk, jazz, hip-hop che richiama Meters, Earth Wind & Fire, Wilson Pickett, Al Green, Sly & The Family Stone, Stevie Wonder ma che l’imprimatur di Quincy Jones collega all’hip-hop Outkast-style ed al New Orleans sound di Trombone Shorty (della partita). We Are non è un capolavoro perché non è il primo disco a tentare una così ampia escursione nella musica black, ma soprattutto perché i singoli sottogeneri citati sono esibiti separatamente, per singola canzone, non costituendo una crasi omogenea, risultando talvolta dispersivi. Ma c’è materiale a sufficienza per soddisfare gli appassionati della tradizione musicale nera degli ultimi cento anni (ed allontanare quelli che non la sopportano). Anche dal punto di vista strettamente politico, nonostante testi affatto banali ed a spinta per lo più positiva, dubito che We Are possa rappresentare le istanze della cultura nera contemporanea così come lo fece What’s Going On di Marvin Gaye per quella degli anni ’70.
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