martedì 24 agosto 2021

LEON BRIDGES (2021) Gold-Diggers Sound


Genere
: Soul, R&B

Simili: Frank Ocean, Sam Cooke, Black Pumas, Aloe Blacc, Michael Kiwanuka

Voto Microby: 7.6

Preferite: Born Again, Why Don’t You Touch Me?, Don’t Worry

La terza prova del soul-singer texano è vellutata come la voce di Sam Cooke, ed arrangiata alla scuola di Frank Ocean, senza tuttavia possedere il talento compositivo e la leggerezza timbrica del primo né la modernità di approccio del secondo. Bocciato? Neanche per sogno. Dietro un prodotto tanto levigato da sembrare artefatto, che profuma di retro-soul ma in cui non c’è una nota fuori posto che perlomeno finga una dose di spontaneità, occorrono parecchi ascolti per apprezzare una buona scrittura ed un mood malinconico anziché algido. Una produzione che ha appiattito le canzoni, tanto da farle assomigliare l’una all’altra (ai primi ascolti), ed una mestizia che in superficie sconfina nel tedio sono i difetti principali di un album che si fa apprezzare per tutto il resto. Bridges conferma il suo talento soul, diverso da quello amato dai devoti del retro-soul ma anche dai modaioli del nu-soul e dell’alt-R&B, tuttavia è arduo perdonare l’assenza di speranza e gioia in un genere musicale nato e cresciuto col giubilo divino trasformato nel gaudio carnale e permeato dalla fiducia in un mondo, personale e universale, migliore. Va applaudito il coraggio (per uno che faceva il lavapiatti fino alla casuale scoperta di un talent scout) di avere scartato la più comoda via delle classifiche a favore di una rivisitazione personale del classico soul/R&B dei ’50-’60, ma si resta in attesa di una prova definitivamente convincente.

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