Genere: Alternative pop, Art-pop
Simili: Bombay Bicycle Club, Grizzly Bear,
Portico, XTC, Massive Attack, Beck
Voto Microby: 8.2
Preferite: U&Me, Hard Drive Gold, Happier
When You’re Gone, Get Better
An Awesome Wave, esordio del trio (allora quartetto)
di Leeds (ma ora operativo a Londra), vinse il Mercury Prize nel 2012, fu mio
disco dell’anno e la band la mia personale next
big thing. Il sophomore This Is All
Yours nel 2015 fu numero uno in Inghilterra e nominato ai Grammy; non fu
tuttavia un altro capolavoro, ma un ottimo album che confermava le qualità del
trio di nerds inglesi e proponeva
un’evoluzione stilistica che faceva pensare ad una sorta di prog 2.0. Il crollo delle azioni
coincise con la pubblicazione nel 2017 di Relaxer,
terza fatidica prova svuotata di entusiasmo, intuizioni, idee e
complessivamente noiosa e stanca, come di una band al capolinea. Come ogni buon
fan, sebbene deluso dalla parabola discendente dei miei idoli, non avevo
deposto le mie aspettative nei confronti degli Alt-J, anche perché la loro
impronta nella musica pop è viva nelle molte bands che ne imitano l’approccio,
e 2.5 miliardi di stream dei loro brani certificano di un combo non
dimenticato. Eccomi dunque cinque anni dopo ad ascoltare con malcelato timore
(come Cerebus per gli Idles) il ritorno sul mercato di Joe Newman (voce e
chitarre), Gus Unger-Hamilton (tastiere) e Thom Green (batteria): scomparso il
piacere della sorpresa che aveva connotato il loro debutto, ripetuti ascolti
assegnano tuttavia a The Dream la
palma di lavoro più coeso ed ispirato dopo l’esordio. Invece che sperimentare
una nuova direzione come nel secondo album o di inibirsi come nel terzo, i
nostri hanno scelto di consolidare quel pop alternativo ed originale, dalla
cifra stilistica immediatamente riconoscibile, che ha dato loro la fama. Desta
così ancora ammirazione l’incredibile capacità di miscelare e stratificare
generi e strumenti agli antipodi, col risultato di un patchwork di pop di
origine beatlesiana embricato con sonorità trip-hop (Fleet Foxes meet Massive Attack?),
surf pop, psichedelia, alt-folk e art-pop, elettronica gentile e chitarre
bluesy, archi e clavicembalo da pop barocco, inserti di lirica e samples di
vita quotidiana, progressioni melodiche ma anche disritmia, cori sospesi tra
soul e ieraticità. I testi sono intimi ma con colti riferimenti a letteratura e
cinema, ed il sound è sofisticato ma accessibile ed anche orecchiabile, pur
mancando dei 3-4 brani-killer che caratterizzavano il debutto. Superate le
perplessità del primo ascolto, abbandonatevi a questa eccellente nuova prova di
rara intelligenza pop.
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