venerdì 4 marzo 2022

ALT-J (2022) The Dream


Genere
: Alternative pop, Art-pop

Simili: Bombay Bicycle Club, Grizzly Bear, Portico, XTC, Massive Attack, Beck

Voto Microby: 8.2

Preferite: U&Me, Hard Drive Gold, Happier When You’re Gone, Get Better

An Awesome Wave, esordio del trio (allora quartetto) di Leeds (ma ora operativo a Londra), vinse il Mercury Prize nel 2012, fu mio disco dell’anno e la band la mia personale next big thing. Il sophomore This Is All Yours nel 2015 fu numero uno in Inghilterra e nominato ai Grammy; non fu tuttavia un altro capolavoro, ma un ottimo album che confermava le qualità del trio di nerds inglesi e proponeva un’evoluzione stilistica che faceva pensare ad una sorta di prog 2.0. Il crollo delle azioni coincise con la pubblicazione nel 2017 di Relaxer, terza fatidica prova svuotata di entusiasmo, intuizioni, idee e complessivamente noiosa e stanca, come di una band al capolinea. Come ogni buon fan, sebbene deluso dalla parabola discendente dei miei idoli, non avevo deposto le mie aspettative nei confronti degli Alt-J, anche perché la loro impronta nella musica pop è viva nelle molte bands che ne imitano l’approccio, e 2.5 miliardi di stream dei loro brani certificano di un combo non dimenticato. Eccomi dunque cinque anni dopo ad ascoltare con malcelato timore (come Cerebus per gli Idles) il ritorno sul mercato di Joe Newman (voce e chitarre), Gus Unger-Hamilton (tastiere) e Thom Green (batteria): scomparso il piacere della sorpresa che aveva connotato il loro debutto, ripetuti ascolti assegnano tuttavia a The Dream la palma di lavoro più coeso ed ispirato dopo l’esordio. Invece che sperimentare una nuova direzione come nel secondo album o di inibirsi come nel terzo, i nostri hanno scelto di consolidare quel pop alternativo ed originale, dalla cifra stilistica immediatamente riconoscibile, che ha dato loro la fama. Desta così ancora ammirazione l’incredibile capacità di miscelare e stratificare generi e strumenti agli antipodi, col risultato di un patchwork di pop di origine beatlesiana embricato con sonorità trip-hop (Fleet Foxes meet Massive Attack?), surf pop, psichedelia, alt-folk e art-pop, elettronica gentile e chitarre bluesy, archi e clavicembalo da pop barocco, inserti di lirica e samples di vita quotidiana, progressioni melodiche ma anche disritmia, cori sospesi tra soul e ieraticità. I testi sono intimi ma con colti riferimenti a letteratura e cinema, ed il sound è sofisticato ma accessibile ed anche orecchiabile, pur mancando dei 3-4 brani-killer che caratterizzavano il debutto. Superate le perplessità del primo ascolto, abbandonatevi a questa eccellente nuova prova di rara intelligenza pop.

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