venerdì 30 settembre 2011

Kasabian - Velociraptor!

Aggressivi come i velociraptor, i Kasabian sono al loro 4° lavoro, e, come per i precedenti, la critica anglosassone si è scatenata nell'incensarli a tutto andare. Calma. E' difficile giudicare nell'assordante tam-tam della critica "tradizionale". Intervistati dalla stampa inglese hanno dichiarato che questo album è il loro "Revolver", quasi a sottolinearne una svolta musicale.
Calma.
Veniamo al disco: i primi quattro brani sono da far tremare i polsi: uno più bello dell'altro (magari anche un pò ruffiani, ma è così bello farsi corteggiare...): "Days are forgotten" è come metter unire Kula Skaker e Oasis sotto la direzione di Ennio Morricone, "Let's roll Just like we used to" sembra scritta proprio per gli orfani di Noel Gallagher e compagni, "Goodbye Kiss" forse un pò troppo scontata ma come starebbe bene con la voce di Richard Ashcroft dei Verve, "la Fee Verte" che se chiudete gli occhi e la immaginate cantata da John Lennon.... Scorrendo l'album l'unico brano in continuità con il caotico album precedente è lo scatenato elettrico "Switchblade smiles" e non da meno è l'energica "Rewired", sicuramente il brano che dal vivo sarà più ballato e cantato dai fan. E poi ancora "Man of simple pleasures" con quell'attacco che pare tirato fuori dai Gorillaz di "Clint Eastwood", "Acid Turkish Bath" pezzone arabeggiante di 6 minuti, "Neon Noon", ballata che non smetteresti mai di ascoltare...
Beh, stavolta, ci hanno preso, i "critici". A questo lavoro manca poco per essere un capolavoro.

Voto: ★★★★ 1/2 (sorprendente)

mercoledì 28 settembre 2011

MINIRECENSIONI

RED HOT CHILI PEPPERS (2011) I’m With You (Corretta la definizione di Flea di “hard-pop”, per un gruppo che, per la 2° volta orfano di John Frusciante, procede col pilota automatico non avendo più nulla di nuovo da dire, e facendo il solito –bene- purtroppo non ai livelli di Californication, ma a quelli di Stadium Arcadium) 6.9/10

SARA LOV (2011) I Already Love You (La metà dei Devics nel migliore album di covers dell’anno, dolce, tenero, romantico: le canzoni di Smiths, Magnetic Fields, Ron Sexsmith, Frank Sinatra, Thompson Twins, Patti Pravo suonano come fossero sue) 7.5/10

SEASICK STEVE (2011) You Can’t Teach An Old Dog New Tricks (Blues elettrico viscerale figlio di John Lee Hooker e R.L. Burnside ma anche George Thorogood, alternato a folk-blues e ballads alla Johnny Cash, per questo 71enne hobo/tramp; in trio con John Paul Jones al basso) 7.7/10

SONDRE LERCHE (2011) Sondre Lerche (L’ex enfant prodige norvegese alla sesta prova ribadisce la bontà della sua scrittura pop tra Bacharach e Costello, ma ancora non sforna il capolavoro, rischiando il ruolo di eterna promessa. Carino) 6.9/10

STEVE EARLE (2011) I’ll Never Get Out Of This World Alive (Qualità sempre buona, ma il decennio da folksinger speso fra la tradizione country e le tematiche da loner alla Townes Van Zandt comincia a mostrare la corda. Sarebbe gradito rinnovamento) 7/10

sabato 17 settembre 2011

Note of Hope - Celebration of Woody Guthrie


In uscita a fine mese.

Track List:
1. The Note of Hope – Van Dyke Parks
2. Wild Card in the Hole – Madeleine Peyroux
3. Ease My Revolutionary Mind – Tom Morello
4. The Debt I Owe – Lou Reed
5. Union Love Juice – Michael Franti
6. Peace Pin Boogie – Kurt Elling
7. Voice – Ani Di Franco
8. I Heard A Man Talking – Studs Terkel
9. Old Folks – Nellie McKay
10. On The High Lonesome – Chris Whitley
11. There’s a Feeling in the Music – Pete Seeger & Tony Trischka
12. You Know the Night – Jackson Browne


da "garden of simple" - community italiana di Ani Di Franco...

Laura Marling - A Creature I Don't Know (2011)

Cantautrice inglese di 21 anni, al terzo disco (aveva esordito a soli 17 anni con il suo primo disco anche se in precedenza aveva pubblicato un EP autoprodotto) viene considerata, giustamente, una grande promessa del revival folk-pop, tanto da vincere il premio Brit Award come migliore artista anglosassone dell'anno. Il genere ha trovato nuovo slancio ed anche Laura così come il suo compagno di vita Marcus Mumford sembra ispirarsi più ad atmosfere d'oltreoceano che ai tipici ritmi folk britannici. La voce, calma, un pò roca ma piena ed expressiva, riflette anche gli scarni arrangiamenti (chitarra, piano e una batteria quasi mai invadente). Il primo singolo "The muse" è il gioiello del disco con quei rimandi alle migliori cose di Suzanne Vega e Regina Spektor. Gli altri riferimenti sono ovvi: Martha Wainwright, Joni Mitchell, il Leonard Cohen di "Chelsea Hotel #2" (Night after night). Un disco solare e sofisticato. L'età è dalla sua parte.

Voto: ★★★★ (sofisticato)

venerdì 16 settembre 2011

COCOON (2010) Where The Oceans End

E’ stato pubblicato solo pochi mesi fa fuori dai patri confini lo splendido secondo album dei francesi Cocoon, i cui membri effettivi sono i poco più che ventenni Mark Daumail (chitarre e voce) e Morgane Imbeaud (tastiere e voce), cui si aggiungono turnisti in studio ed on stage. Ed a ragione si cerca un apprezzamento più diffuso, visto il carattere internazionale delle composizioni e l’utilizzo della lingua inglese, ma soprattutto vista la bontà della scrittura e degli arrangiamenti, entrambi sospesi nel limbo tra un pop delicato, sinuoso, morbido a due voci maschio/femmina (nei brani più allegri e soprattutto quando la solista è la Imbeaud il richiamo immediato è ai Belle & Sebastian, vedi Dee Doo), ed un folk moderno alla Fleet Foxes/Mumford & Sons (vedi Comets, l’unico brano peraltro con chiari rimandi a Pentangle e Fairport Convention, ovvero i gruppi cui il duo afferma di ispirarsi). Ma ad aprire le danze è una Sushi non lontana da Third Feet di Alela Diane, e alcuni brani sarebbero stati perfetti nella colonna sonora (di Glen Hansard e Marketa Irglova) di Once (2007), a sottolineare una sensibilità di larghe vedute.
Gli arrangiamenti, rigorosamente acustici, poggiano su armoniosi arpeggi di chitarra contrappuntati da delicate trame di pianoforte ed arricchiti da una sezione ritmica mai invadente e da archi di impronta romantica. Le voci sono cullanti, mai noiose, serene più che malinconiche, e le canzoni quiete più che bucoliche, dolci ma mai zuccherose, con alcune progressioni strumentali drammatiche (Oh My God) o melò (Yum Yum) mai sopra le righe. Ad impreziosire la grazia formale del lavoro, una copertina meravigliosa.

Preferite: Sushi, Comets, Oh My God

Voto Microby: 8.2/10

domenica 11 settembre 2011

Filmatino da vedere...rimettiamo insieme McCartney e Lennon

In uscita il 17 gennaio il nuovo Kathleen Edwards ("Voyageur")

Per chi, come il sottoscritto ha molto amato "Asking for flower", l'ultimo disco del 2008 di questa magnifica cantautrice alternative-country, uscirà tra qualche mese il nuovo disco, coprodotto nientepopodimeno che da Justin Vernon (alias Bon Iver). Il singolo "Change the sheets" è in uscita il prossimo 27 settembre e si può sentire qui (direi che le atmosfere di Bon Iver sembrano aver preso il sopravvento...): http://www.rounderartists.com/kathleenedwards/changethesheets/audio/KathleenEdwardsWapusk.mp3.
Per chi non ne ha mai sentito parlare ecco il video di un brano dal suo ultimo, stupendo, disco.

martedì 6 settembre 2011

OTHER LIVES (2011) Tamer Animals


Quintetto (allargato) dell’Oklahoma già autore nel 2009 di un lavoro omonimo tra l’indie-pop ed il folk di ampie vedute, si presenta al secondo album con un chamber pop di grande spessore, ricco di melodie romantiche, nostalgiche, a tratti struggenti. Non c’è spazio per il ritmo (che basso e batteria sostengono solo per sottolineare partiture melanconiche che rimandano alla stagione dark), mentre chitarre acustiche, tastiere soffuse, voci dalle tonalità malinconiche ed eleganti arrangiamenti per archi si scaldano talvolta in progressioni mai ridondanti, dai tratti decadenti. Sospeso da qualche parte, senza tempo, tra Cocteau Twins, Mercury Rev, Shearwater, il pop romantico dei Barclay James Harvest e la classica da camera, Tamer Animals è al contempo una preziosa miniatura folk ed una sinfonia maestosa, rarefatto e misterioso come un album dei Sigur Ros ed insieme anthemico come appartenesse a degli Arcade Fire scarnificati.
Un album di cui abusare (per empatia) o da cui astenersi (per rischio spleen) durante i crepuscoli di fine estate, le meste brume autunnali, la prima neve d’inverno, la fine di un amore primaverile.

Preferite: Dust Bowl III, Desert, As I Lay My Head Down
Voto Microby: 9/10

venerdì 2 settembre 2011

Lenny Kravitz - Black & White America (2011)


LK è uno degli artisti il cui amore sono riuscito ad inculcare nei miei figli, favorito sicuramente dai brani su Guitar Hero e dai ritmi belli carichi (alzi la mano chi non si mette a muovere ritmicamente la testa quando ascolta Always on the run o Are you gonna go my way). Del resto i suoi titpici riff chitarristici sono effettivamente coinvolgenti, con quel piglio quasi hard rock ma sempre con una base solidamente black. Ultimamente la sua luce si era un pò persa (troppo interesse femminile e troppe bevute probabilmente) e la memoria (e la playlist dell'iPod) andava sempre a finire nei brani dei suoi primi album. Primo disco con materiale nuovo negli ultimi tre anni, quest'ultimo album (il nono della sua discografia) evidenzia sonorità tipicamente funk, in omaggio alle sue radici, con una serie di brani che entreranno di diritto nel futuro ipotetico Greatest Hits (Rock Star City Life, Black and White America, Looking back on love) come da diversi anni LK non riusciva a scrivere. Il disco si apre con una dichiarazione ben chiara : "In 1963 my father married a black woman/ and when they walked the streets they were in danger, look what you done/but they just kept on walking forward hand in hand", il tutto su un ritmo di archi e bassi funky come non se ne sentivano da trent'anni almeno: l'intento era pertanto quello di rimarcare con forza le sue origini e il suo feeling musicale. Il disco si snoda poi con una alternanza di brani soul e funky, sia pure con la tendenza (vedi appunto i rock'n'roll di Rock Star City Life Stand ) a farsi prendere la mano con le sue epiche schitarrate. Unici pezzi deboli la moscia The Faith of a child ed il funk-rap " Boongie drop" con Jay-Z e DJ Military, scritto in omaggio alle tendenze modaiole hip-hop, ma in cui il nostro sembra non essere a suo agio.
Già mi vedo i soliti criticoni che scrivono "bello ma non mi sembra un gran che", oppure "bel disco ma un pò scontato" o anche "che testi cazzuti" ma io mi chiedo che cosa dovrebbe fare LK: reinventare la ruota?, trovare la cura per il cancro? coltivare angurie quadrate? E' un bel disco e questo mi basta. Punto.
Voto: ★★★ (genuino)

Red Hot David Byrne

Pensavo che l'ennesima versione di "waters of march" mi annoiasse, invece semtitevi un pò questa con David Byrne e Marisa Monte...

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