Quintetto (allargato) dell’Oklahoma già autore nel 2009 di un lavoro omonimo tra l’indie-pop ed il folk di ampie vedute, si presenta al secondo album con un
chamber pop di grande spessore, ricco di melodie romantiche, nostalgiche, a tratti struggenti. Non c’è spazio per il ritmo (che basso e batteria sostengono solo per sottolineare partiture melanconiche che rimandano alla stagione
dark), mentre chitarre acustiche, tastiere soffuse, voci dalle tonalità malinconiche ed eleganti arrangiamenti per archi si scaldano talvolta in progressioni mai ridondanti, dai tratti decadenti. Sospeso da qualche parte, senza tempo, tra
Cocteau Twins, Mercury Rev, Shearwater, il pop romantico dei Barclay James Harvest e la classica da camera,
Tamer Animals è al contempo una preziosa miniatura folk ed una sinfonia maestosa, rarefatto e misterioso come un album dei
Sigur Ros ed insieme
anthemico come appartenesse a degli Arcade Fire scarnificati.
Un album di cui abusare (per empatia) o da cui astenersi (per rischio
spleen) durante i crepuscoli di fine estate, le meste brume autunnali, la prima neve d’inverno, la fine di un amore primaverile.
Preferite:
Dust Bowl III, Desert, As I Lay My Head Down
Voto Microby: 9/10
1 commento:
Dust Bowl III è un gran bel pezzo! Ed il resto del disco è di buon livello: con alcune tinte morriconiane...
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