venerdì 28 dicembre 2012

Da evitare come la peste. Altre delusioni del 2012.


Sicuro di offendere qualcuno dei blogger, ma stimolato da Microby, cui mi associo nella valutazione della sua lista,  ecco un piccolo elenco del peggio del 2012 (praticamente ≤ 1 stella). Vi prego, non prendetevela e non cominciate a insultarmi.

Lana Del Rey - Born to die   Biondona platinata sulle orme di Madonna, Lady Gaga ecc ecc
Paul McCartney - Kisses on the bottom   Ecco, appunto, baciami il .... Da dimenticare.
Ingrid Michaelson - Human again   Una delle mie pop-singer preferite; stavolta ha toppato.
Air - Voyage Dans La lune     Che noia cosmica...
Mars Volta - Nocturniquet   Ovvero come avvitarsi su se stessi
Dave Barnes - Stories to tell   Stesso discorso fatto per la Michaelson
Neil Young - Americana   Certe volte penso che NY creda che siamo tutti scemi: meno male che poi sono arrivate le pillole psichedeliche.
Jeff Lynne - Long wave    Inutile. 
Steve Forbert - Over with you   Da pensionare.
Brian Eno - Lux    Stavolta non mi ha convinto per niente. Uno dei suoi dischi "per pochi".
Van Der Graaf Generator - Alt     Amo da sempre Peter Hammill ma questa operazione non la capisco: accendere il microfono e registrare qualsiasi cosa passa per la testa mi pare un insulto.
Ben Taylor - Listening   Papà James fai qualcosa per riportarlo sulla retta via
Diana Krall - Glad dag roll   Dovevo capirlo dalla copertina stile Maja Desnuda
Badly Drawn Boy - Being Flynn   Senza capo nè coda
Tony Banks - Six pieces for orchestra     Il vero ex-leader dei Genesis secondo me ha l'Alzheimer.
Todd Snider - The songs of Jerry Jeff.  Lo metto nell'elenco perchè da colui che si considera il vero discepolo di Jerry Jeff Walker mi sarei aspettato un disco di ben altro spessore
Joan Armatrading - Starlight    Da esodare Fornero-style
Fiona Apple - The idler Wheel......     Inascoltabile e pretenzioso
Yeasayer - Fragrant world   Hanno dissipato quanto di buono fatto con il precedente lavoro
John Frusciante - Pbx funicular intaglio zone    Un disco elettro-house-trance. Perchè?

DELUSIONI 2012: Mark Lanegan Band, Cat Power, Ryan Bingham, Wovenhand, Muse, Paul Banks

Visto che i Maya ci hanno risparmiato ed inizieremo il nuovo anno con la consueta Classifica dei migliori albums del 2012, mi pare un buon viatico per il 2013 buttare dal balcone, come fanno a Napoli la notte di San Silvestro, i dischi pubblicati nel 2012 da gruppi/solisti che amiamo, e dai quali pretendiamo più che un semplice compitino mandato a memoria o prove scialbe/poco ispirate.
Quelli che seguono sono rospi che ho poco digerito...
Aspetto segnalazioni di cattive digestioni anche dagli altri bloggers, augurando a tutti per il 2013 pranzi luculliani per quantità e qualità, in ogni anfratto di vita!

MARK LANEGAN BAND (2012) Blues Funeral (A 8 anni da Bubblegum sembra che la vena artistica del nostro si sia prosciugata, forse assorbita dai mille progetti collaterali. Di fatto non basta possedere una delle voci più belle del rock per salvare un lavoro che si barcamena tra pasticci hard rock, blues stanchi, ballate confuse, rabbia finta e batteria (drum-machine) altrettanto. Il suo peggior album di sempre, collaborazioni comprese) 6.3/10

CAT POWER (2012) Sun (Al primo album di canzoni autografe dopo 6 anni l’americana Chan Marshall, una delle cantautrici più stimate della sua generazione, prova a cambiare registro con arrangiamenti elettronici, drum machine, loop sintetici, chitarre taglienti e fredde ed il missaggio di Zdar (Cassius e Phoenix). La solita voce calda e malinconica di Chan prova a scaldare il tutto, ma non basta per un lavoro privo di grande ispirazione e con una produzione (la prima in proprio) ancora acerba) 6.9/10   

RYAN BINGHAM (2012) Tomorrowland (Primo passo falso per l’eroe di Mescalito, che vira decisamente dal country al rock ma sbaglia produzione: nella ricerca di un suono pieno deborda nel tronfio, energico nell’eccessivo, potente nel ridondante, elettrico nell’hard. Al solito bellissima la voce, cartavetrata e calda. Ma da sola non basta) 6.5/10

WOVENHAND (2012) The Laughing Stalk (Il predicatore “mani giunte” cristiano David Eugene Edwards, sciolta da tempo l’esperienza 16 Horsepower, le cui belle tonalità dark-alt.country risultavano per gli altri membri della band troppo infarcite di testi biblici, prosegue imperterrito la sua vocazione mistico-catartico-redentrice, quasi fosse un Jim Morrison liturgico, e negli ultimi albums propone scalette quasi interamente dedicate alla gloria di Dio, purtroppo abbandonando banjo, slide e gli umori sudisti a favore di un suono martellante, cupo e percussivo, in cui l’elettricità diventa distorsione/dissonanza, perfetta se si evoca l’apocalisse ma noiosa se ciò che si cerca non è un sermone, in cui a fatica si distingue un brano dall’altro, non solo per l’assunto ma anche per varietà di temi musicali. Triste deriva, se penso che il bellissimo Consider The Birds nel 2004 era stato il mio disco dell’anno) 6/10

MUSE (2012) The 2nd Law (Esordito come riuscita ed originale fusione tra glam, prog ed elettronica, il gruppo inglese ha progressivamente perso il controllo del progetto che al sesto album suona come una parodia di sé stesso, confuso tra magniloquenza alla Queen ma incontrollata, epica alla U2 ma tronfia, elettronica becera alla Rockets. Salvo il genio, compositivo ed esecutivo, del leader Matthew Bellamy, gli arrangiamenti sarebbero totalmente da rifare. Non rassicura il fatto che, più che lo scivolone di un singolo album, sembra la china imboccata da almeno 3 lavori. Urge un colpo d’ala, che la band ha nel suo DNA) 6.7/10

PAUL BANKS (2012) Banks (Aveva già esordito con l’aka Julian Plenti, il cantante degli Interpol che in quest’album si propone con la vera identità, ma non cambia il prodotto finale, un pop-rock lontano dal neo-dark della band-madre, con frequenti cambi di ritmo e melodia nella medesima canzone, ma senza una precisa direzione né spunti di rilievo, se si eccettua la bella voce baritonale del protagonista) 6.7/10

venerdì 21 dicembre 2012

ZONA CESARINI 2012: Cody ChesnuTT, Sean Rowe, Band of Skulls, Jon DeRosa, Jens Lekman, Matthew E. White

CODY CHESNUTT (2012) Landing On A Hundred (E’ vero che la moda del momento per la black music “d’autore” è rifarsi al soul dei fine ’60-inizio ’70, ma è anche vero che Cody ChesnuTT, autore di un solo altro album 10 anni fa, capolavoro di integrazione tra soul e rock, hip-hop e blues, funky e pop, lo fa meglio di tutti. Nel secondo album lo stile imperante è il soul-funky di Marvin Gaye/Bill Withers/Curtis Mayfield/Sly Stone, e la qualità compositiva/interpretativa e i ricchi arrangiamenti di fiati/archi/voci pone l’epigone al livello degli originali. Mio album black dell’anno) 8/10

SEAN ROWE (2012) The Salesman and The Shark (Musicista e naturalista newyorkese ma ritiratosi a vivere in una capanna in mezzo ai monti, il nostro al terzo album dimostra di essere un eccellente songwriter, ed aiutato da una voce cavernosa e nasale scorrazza in territori che evocano alternativamente ed insieme il primo Tom Waits e Greg Brown, Leonard Cohen e Micah P. Hinson, Townes Van Zandt e lo Scott Walker pop, in una varietà di generi (dal country al blues, dal crooning al gospel) e di stili (si va dall’orchestra alle sciabolate elettriche, da cori ieratici all’arpeggio acustico, dal piano jazzy alla slide guitar) che gli si addicono e che, invece di frammentare il lavoro, lo vivacizzano. E le potenzialità sono solo accennate.) 8/10

BAND OF SKULLS (2012) Sweet Sour (2° album per il trio inglese che discende musicalmente dai Led Zeppelin ma suona il genere degli americani Black Mountain, Black Keys, BRMC, Raconteurs. Schizofrenico tra una prima parte elettrica, dai riffs energici ed orecchiabili, ed una seconda acustica, trasognata; entrambe caratterizzate da grande senso melodico e gusto per le armonizzazioni a 2 voci maschio/femmina) 7.9/10

JON DeROSA (2012) A Wolf In Preacher’s Clothes (Bel debutto per il 34enne del New Jersey dalla voce morbida, vellutata, suadente e dagli arrangiamenti acustici raffinati ma mai melliflui. La scuola è quella di Lloyd Cole e Neil Hannon, ma soprattutto del primo Richard Hawley, con un velo di malinconia alla Paul Buchanan, anche se l’effetto finale è più di pace e serenità. Una dolce carezza natalizia) 7.9/10

JENS LEKMAN (2012) I Know What Love Isn’t (Al terzo lavoro lo svedese conferma l’amore per Burt Bacharach, Badly Drawn Boy ed il pop anni ’50-’60, cinematografico e raffinato negli arrangiamenti così come acuto nei testi, brillante ed insieme melancolico (come l’amore che canta), con la voce morbida ed a tratti leziosa. Un popster che si conferma di categoria superiore rispetto alla media) 7.5/10

MATTHEW E. WHITE (2012) Big Inner (Esordio per il trentenne della Virginia nel segno dell’originalità: cantautorato sudista farcito di R’n’B di New Orleans, soul e tropicalia, fiati languidi ed archi appiccicosi. Come se Sufjan Stevens avesse incontrato Dr. John, o Harry Nilsson – Allen Toussaint, o Randy Newman – Curtis Mayfield. Peccato per la voce, intima e colloquiale, ma anonima e poco adatta al contesto) 7.5/10

lunedì 17 dicembre 2012

Minirecensioni: Graham Parker, Phillip Phillips, National Flower, Beth Hart

Graham Parker & the Rumour - Three chords good (2012)
Sono passati ben 32 anni dall'ultimo lavoro insieme ai The Rumor, band che a mio parere sta a GP come le E Street Band sta al Boss. Con loro aveva infatti firmato i due memorabili "Howlin' Wind" (1976) e "Squeezing Out Sparks" (1979) e, in quest'anno che ha visto il ritorno sulle scene di molti dei grandi vecchi del rock, evidentemente ha deciso che era il momento di riunire la vecchia band e divertirsi un pò. Non che GP abbia mai smesso di fare album: in realtà negli ultimi anni ha prodotto, a mio parere, album fantastici, che nessuno si è filato e che sono pertanto passati sotto silenzio e relativo insuccesso di critica e di vendite, ahilui. Le atmosfere non sono quelle arrabbiate di 30 anni fa, ma piuttosto quelle più vicine a Van Morrison o Bob Dylan, con tocchi di Giamaica e riffs rock & roll qua e là. Il disco si apre con il reggae bianco di "Snake oil capital of the world", una maledettamente classica "Long emotional ride"e la piacevolissima ballata "Stop crying about the rain" e si chiude con un altro terzetto di brani memorabili ("Arlington's busy", "Coathangers" e "Last bookstore in town"). Voto: ☆☆☆☆
Phillip Phillips - The world from the side of the moon (2012)
Ok, ok non è che il curriculum lo aiuti molto per chi, come chi scrive, è allergico ai vincitori dei vari concorsi musicali televisivi, ma PP, fresco vincitore di "American Idol", merita indubbiamente un ascolto obiettivo. Del resto, anche Pete Townshend e Dave Matthews sembra siano stati colpiti dal suo stile e ciò può valere a sua discolpa...Quello che lascia un po' perplessi sono proprio i suoi continui riferimenti musicali: ascoltando i brani dell'album si ha l'impressione di trovarsi di fronte ora a Dave Matthews ("Man on the Moon", "Tell me a story"), Jason Mraz ("Get Up Get Down") o Mumford & Sons (la bella "Home" e "Gone Gone Gone"). Evidentemente deve ancora trovare una sua chiara identità e probabilmente la necessità discografica di mettere in commercio un disco per battere il ferro finchè è caldo l'ha costretto ad attingere a piene mani alle musicalità di suoi colleghi più affermati. Per ora lo segnaliamo con simpatia ed interesse e lo aspettiamo al varco in prospettiva sperando non si perda nel pop neo-melodico più commerciale. Grazie Fabius per la segnalazione. Voto: ☆☆☆
National Flower - State Line to State Line (2012)
Bisogna sempre ascoltare con interesse le novità dell'etichetta cdbaby, spesso trampolino di lancio per molti del giro Indie. Questo gruppo dell'area di Portland si caratterizza per gli arrangiamenti cristallini ed evocativi: il genere è un piacevolissimo pop folk di chiara impronta americana. I brani più interessanti e piacevoli sono "Waist high grass", "Speeding train" e "Dandelion". Da scoprire. Voto: ☆☆☆1/2
Beth Hart - Bang bang boom boom (2012)
Ogni volta che ascolto un suo disco (siamo al suo ottavo) spero sempre che questa sia la volta buona, soprattutto per lei ovviamente. Una voce strepitosa, un'anima R&B come poche altre, una grande raffinatezza interpretativa.  Lo scorso anno aveva prodotto uno splendido lavoro insieme al mitico Joe Bonamassa ma anche stavolta  il suo talento non riesce ad emergere completamente: mancano sempre due soldi per fare una lira.  Non intendo dire che si tratta di un album mediocre; tutt'altro, è un bel disco, tuttavia ancora poco continuo e complessivamente disomogeneo con troppi alti e bassi. Aspettiamo il prossimo: Bonamassa aiutala tu! Voto: ☆☆☆1/2


domenica 9 dicembre 2012

Minirecensioni: Avett Brothers, Green Day, Wallflowers, Ian Hunter

The Avett Brothers - The Carpenter (2012)
Originari della North Carolina, nascono come band sostanzialmente bluegrass (banjo-chitarra-violoncello-contrabbasso) di interesse prevalentemente regionale: con il disco del 2009  "I and Love and You", senza dubbio una delle grandi sorprese di quell'anno (con conseguente successo internazionale di critica e di vendite), si è assistito al primo passaggio verso ritmi decisamente folk-rock con qualche progressione pop per niente sgradevole. Con quest'ultimo lavoro il passaggio si è definitivamente completato: certo le imperfezioni ci sono ma l'impressione è quella di una band che sta compiendo un suo percorso artistico, fatto di sbandamenti ma anche di grandi ispirazioni ("Live and die", "The Once and Future Carpenter"). Un disco di contrasti: tra gioia e dolore, corse disperate e riflessioni al buio. Da mettere sullo scaffale in parte a Mumford & Sons, Midlake, John Grant, Fleet Foxes. Voto: ☆☆☆☆
Green Day - Uno! Dos! Tre! (2012)
Raggiunta la fama come gruppo pop punk, negli ultimi 10 anni hanno cercato di diventare i moderni Who, con due concept album quali American Idiot del 2001 e 21st Century Breakdown del 2009. Questi nuovi lavori, orientati invece verso il primo periodo sono stati realizzati in successione: energia stile Clash, poche discussioni politiche (al contrario che nei lavori sopracitati) e ritmi punk-rock. Molto piacevoli e pieno di carica musicale come si deve. Magari si poteva fare un doppio e basta. Voto: ☆☆☆
The Wallflowers - Glad all over (2012)
Dopo 7 anni di lavori solisti Jakob Dylan ha rimesso insieme la band con la quale era arrivata ad un notevole successo negli anni'90 (anche se il loro lavoro forse migliore, "Breach" era passato un po' sotto silenzio). Questo lavoro, il 6° del gruppo, attinge a piene mani da influenze Dylaniane (e questo è ovvio) e Springsteeniane (vedasi soprattutto la bellissima "Constellation Blues"). Voto: ☆☆☆1/2
Ian Hunter - When I'm President (2012)
In attesa del suo prossimo gradito arrivo dalle nostre parti (7 marzo, Cologne, provincia di Brescia), anche in questo lavoro la sua classe di rock'n'roll man si dimostra sempre cristallina.  Saranno 40 anni che è in giro a far musica ma sembra sempre un ragazzino. E proprio per riconfermare la sua verve sopraffina ha deciso di mettere da parte le ballate degli ultimi lavori e di uscirsene con un disco di sano e puro rock and roll. Voto: ☆☆☆☆

sabato 8 dicembre 2012

MINIRECENSIONI: Gravenhurst, Rover, Piano Magic, Murder By Death, Goat

GRAVENHURST (2012) The Ghost In Daylight (Progetto del polistrumentista bristoliano Nick Talbot, che al 5° album riesce ancora efficacemente ad unire l’elettronica soffusa alla Brian Eno col fingerpicking alla Bert Jansch, il mood malinconico di Nick Drake, reminiscenze di folk inglese ed accenni di shoegaze alla My Bloody Valentine) 7.5/10

ROVER (2012) Rover (Nome d’arte del francese Timothee Régnier, cresciuto artisticamente tra gli USA e Berlino, Rover è dominato da un’atmosfera glam/decadente, alla David Bowie periodo-Hunky Dory, ma le influenze spaziano dal melodramma alla Chris De Burgh e i barocchismi alla Rufus Wainwright, alla voce baritonale da crooner in stile Scott Walker/Barry Adamson più acustici e pop, al falsetto ed elettronica alla Jimmy Somerville, all’impressionismo prog alla Duncan Browne/Métro, al romanticismo pop alla Divine Comedy. Novello dandy alla Serge Gainsbourg, in un blend ispirato, ma ancora troppo indeciso sulla direzione da prendere) 7.4/10

PIANO MAGIC (2012) Life Has Not Finished With Me Yet (Il gruppo inglese guidato da Glen Johnson dal 1997 esprime molteplici influenze, esitanti in lavori spesso differenti l’uno dall’altro. Ora è la volta di un pop elegante, ipnotico, raffinato, discepolo tanto dei Japan di fine carriera quanto del dark decadente dei Dali’s Car o del trip-hop romantico dei primi Massive Attack. Ahimè senza le voci di David Sylvian, Peter Murphy, Elisabeth Frazier) 7.6/10

MURDER BY DEATH (2012) Bitter Drink, Bitter Moon (Sesto album per la band dell’Indiana, la più titolata nel proporre appassionate murder ballads/killer songs in stile Nick Cave dell’era Bad Seeds romantici ma non ancora mielosi. Lo stile noir dei MBD è arricchito dalla voce grave del leader Adam Turla, da un’atmosfera da loner (nonostante la ricchezza degli arrangiamenti) che richiama un Johnny Cash elettrico e dark, da tocchi di pianoforte alla Black Heart Procession e da un violino veemente, a tratti quasi satanico, che ben giustifica l’autodefinizione del gruppo come autore di “whiskey devil music”) 8/10

GOAT (2012) World Music (Esordio di un misterioso combo svedese temporalmente fermo agli anni ’70, ma spazialmente contaminato come pochi: trionfo di percussioni, chitarre psichedeliche, tastiere da space-rock, voce femminile tra Grace Slick e le punk riot girls, energia contagiosa ed insieme sognante. Come se l’Africa di Fela Kuti incontrasse l’ acid rock californiano dei ’70, il krautrock dei Can e la rabbia delle Sleater-Kinney. Tutti sotto cannabis) 7.4/10

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