CODY CHESNUTT (2012) Landing On A Hundred (E’ vero che la moda del momento per la black music “d’autore” è rifarsi al soul dei fine ’60-inizio ’70, ma è anche vero che Cody ChesnuTT, autore di un solo altro album 10 anni fa, capolavoro di integrazione tra soul e rock, hip-hop e blues, funky e pop, lo fa meglio di tutti. Nel secondo album lo stile imperante è il soul-funky di Marvin Gaye/Bill Withers/Curtis Mayfield/Sly Stone, e la qualità compositiva/interpretativa e i ricchi arrangiamenti di fiati/archi/voci pone l’epigone al livello degli originali. Mio album black dell’anno) 8/10
SEAN ROWE (2012) The Salesman and The Shark (Musicista e naturalista newyorkese ma ritiratosi a vivere in una capanna in mezzo ai monti, il nostro al terzo album dimostra di essere un eccellente songwriter, ed aiutato da una voce cavernosa e nasale scorrazza in territori che evocano alternativamente ed insieme il primo Tom Waits e Greg Brown, Leonard Cohen e Micah P. Hinson, Townes Van Zandt e lo Scott Walker pop, in una varietà di generi (dal country al blues, dal crooning al gospel) e di stili (si va dall’orchestra alle sciabolate elettriche, da cori ieratici all’arpeggio acustico, dal piano jazzy alla slide guitar) che gli si addicono e che, invece di frammentare il lavoro, lo vivacizzano. E le potenzialità sono solo accennate.) 8/10
BAND OF SKULLS (2012) Sweet Sour (2° album per il trio inglese che discende musicalmente dai Led Zeppelin ma suona il genere degli americani Black Mountain, Black Keys, BRMC, Raconteurs. Schizofrenico tra una prima parte elettrica, dai riffs energici ed orecchiabili, ed una seconda acustica, trasognata; entrambe caratterizzate da grande senso melodico e gusto per le armonizzazioni a 2 voci maschio/femmina) 7.9/10
JON DeROSA (2012) A Wolf In Preacher’s Clothes (Bel debutto per il 34enne del New Jersey dalla voce morbida, vellutata, suadente e dagli arrangiamenti acustici raffinati ma mai melliflui. La scuola è quella di Lloyd Cole e Neil Hannon, ma soprattutto del primo Richard Hawley, con un velo di malinconia alla Paul Buchanan, anche se l’effetto finale è più di pace e serenità. Una dolce carezza natalizia) 7.9/10
JENS LEKMAN (2012) I Know What Love Isn’t (Al terzo lavoro lo svedese conferma l’amore per Burt Bacharach, Badly Drawn Boy ed il pop anni ’50-’60, cinematografico e raffinato negli arrangiamenti così come acuto nei testi, brillante ed insieme melancolico (come l’amore che canta), con la voce morbida ed a tratti leziosa. Un popster che si conferma di categoria superiore rispetto alla media) 7.5/10
MATTHEW E. WHITE (2012) Big Inner (Esordio per il trentenne della Virginia nel segno dell’originalità: cantautorato sudista farcito di R’n’B di New Orleans, soul e tropicalia, fiati languidi ed archi appiccicosi. Come se Sufjan Stevens avesse incontrato Dr. John, o Harry Nilsson – Allen Toussaint, o Randy Newman – Curtis Mayfield. Peccato per la voce, intima e colloquiale, ma anonima e poco adatta al contesto) 7.5/10
1 commento:
Anche il sottoscritto ha gradito molto il disco di ChestnuTT: mi ricorda i primissimi dischi di Marvin Gaye.
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