THOM
YORKE (2014) Tomorrow's Modern Boxes
Per
una recensione corretta dell’ultimo sforzo del leader dei Radiohead
so di centrare l’obiettivo riportando fedelmente quanto scritto lo
scorso anno su Ol’55 a proposito di AMOK degli Atoms
For Peace: “il supergruppo Yorke, Godrich,
Flea, Waronker, Refosco non va oltre una copia di The
Eraser, l’esordio da solista di Thom Yorke
nel 2006, già di per sè non un capolavoro. Battiti elettronici
freddi, dubstep nevrotico, composizioni piatte, e la voce del leader
dei Radiohead che funge da strumento aggiunto ma non emoziona. A
conferma che i Radiohead sono un gruppo che va oltre Yorke, ma anche
che la sperimentazione si è arenata dopo Kid
A e Amnesiac,
12 anni fa. Perché il medesimo tema è stato svolto molto meglio da
Four Tet, Orbital, Stereolab, ma soprattutto da Brian
Eno e David Byrne 30 anni fa e dal
kraut/space rock 40
anni fa!”. Evidentemente o a Yorke piace ripetersi o è proprio a
corto di idee, perché sembra semplicemente allineato ai suoni dei
giovanissimi della nuova (e qualitativamente appena sufficiente)
musica elettronica (Sohn, Alex Banks, Christian Loffler, FKA Twigs),
quando non solo i maestri (Eno), ma anche i coevi (Boards of Canada)
e perfino gli allievi (James Blake, Chapelier Fou, Hauschka) e i
colleghi dei Radiohead (il chitarrista Jonny Greenwood nell’attività
solista) fanno meglio di lui.
Voto
Microby: 6.8
Preferite:
A Brain In A Bottle, Guess Again!
RYAN
ADAMS (2014) Ryan Adams
Quarant’anni e 14 albums in studio per l'artista del
North Carolina emerso nei '90 dalla scena alt.country
come leader dei non dimenticati Whiskeytown,
e quindi autore e performer di successo (sia commerciale che di
critica) dallo stile ondivago (dal country al rock al cantautorato di
rango, perfino al metal), qualitativamente mai meno che buono. Ora è
la volta di un disco di sapido rock elettrico
(da classico trio chitarra-basso-batteria con essenziali inserti di
tastiere), con un tiro orecchiabile e grintoso (mai arrabbiato) dalle
parti di John Mellencamp
o Tom Petty & The Heartbreakers,
ma con una malinconia di fondo che rimanda ai beautiful
losers (elettrici) Elliott Murphy, Joe Ely,
John Hiatt, Warren Zevon, Willie Nile. Tanto per confermarsi uno dei
più dotati singer-songwriters della
sua generazione.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Gimme Something Good,
Trouble, Stay With Me
JOE
HENRY (2014) Invisible Hour
Brani
dilatati, di impianto folk,
esclusivamente acustici e scarni (chitarre e talvolta dei fiati
essenziali), dal mood
introspettivo e malinconico. Il cognato di Madonna esibisce la
solita, enorme classe, gli arrangiamenti sono eleganti ma occorre
dedizione totale per apprezzarli, altrimenti affiora la noia.
Indifferente al successo (che raccoglie ampiamente in veste di
eccellente produttore ed arrangiatore per altri artisti), questo
grande singer-songwriter
può permettersi un disco dedicato più a se stesso che alle attese
del pubblico.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Sign, Every Sorrow,
Sparrow
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