martedì 7 ottobre 2014

THOM YORKE, RYAN ADAMS, JOE HENRY


THOM YORKE (2014) Tomorrow's Modern Boxes
Per una recensione corretta dell’ultimo sforzo del leader dei Radiohead so di centrare l’obiettivo riportando fedelmente quanto scritto lo scorso anno su Ol’55 a proposito di AMOK degli Atoms For Peace: “il supergruppo Yorke, Godrich, Flea, Waronker, Refosco non va oltre una copia di The Eraser, l’esordio da solista di Thom Yorke nel 2006, già di per sè non un capolavoro. Battiti elettronici freddi, dubstep nevrotico, composizioni piatte, e la voce del leader dei Radiohead che funge da strumento aggiunto ma non emoziona. A conferma che i Radiohead sono un gruppo che va oltre Yorke, ma anche che la sperimentazione si è arenata dopo Kid A e Amnesiac, 12 anni fa. Perché il medesimo tema è stato svolto molto meglio da Four Tet, Orbital, Stereolab, ma soprattutto da Brian Eno e David Byrne 30 anni fa e dal kraut/space rock 40 anni fa!”. Evidentemente o a Yorke piace ripetersi o è proprio a corto di idee, perché sembra semplicemente allineato ai suoni dei giovanissimi della nuova (e qualitativamente appena sufficiente) musica elettronica (Sohn, Alex Banks, Christian Loffler, FKA Twigs), quando non solo i maestri (Eno), ma anche i coevi (Boards of Canada) e perfino gli allievi (James Blake, Chapelier Fou, Hauschka) e i colleghi dei Radiohead (il chitarrista Jonny Greenwood nell’attività solista) fanno meglio di lui.
Voto Microby: 6.8
Preferite: A Brain In A Bottle, Guess Again!
 
RYAN ADAMS (2014) Ryan Adams
Quarant’anni e 14 albums in studio per l'artista del North Carolina emerso nei '90 dalla scena alt.country come leader dei non dimenticati Whiskeytown, e quindi autore e performer di successo (sia commerciale che di critica) dallo stile ondivago (dal country al rock al cantautorato di rango, perfino al metal), qualitativamente mai meno che buono. Ora è la volta di un disco di sapido rock elettrico (da classico trio chitarra-basso-batteria con essenziali inserti di tastiere), con un tiro orecchiabile e grintoso (mai arrabbiato) dalle parti di John Mellencamp o Tom Petty & The Heartbreakers, ma con una malinconia di fondo che rimanda ai beautiful losers (elettrici) Elliott Murphy, Joe Ely, John Hiatt, Warren Zevon, Willie Nile. Tanto per confermarsi uno dei più dotati singer-songwriters della sua generazione.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Gimme Something Good, Trouble, Stay With Me
 
JOE HENRY (2014) Invisible Hour
Brani dilatati, di impianto folk, esclusivamente acustici e scarni (chitarre e talvolta dei fiati essenziali), dal mood introspettivo e malinconico. Il cognato di Madonna esibisce la solita, enorme classe, gli arrangiamenti sono eleganti ma occorre dedizione totale per apprezzarli, altrimenti affiora la noia. Indifferente al successo (che raccoglie ampiamente in veste di eccellente produttore ed arrangiatore per altri artisti), questo grande singer-songwriter può permettersi un disco dedicato più a se stesso che alle attese del pubblico.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Sign, Every Sorrow, Sparrow

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