JOE JACKSON - Fast Forward (2015)
A 7 anni dal precedente “Rain” e dopo un inquietante tributo a Duke Ellington, JJ torna alla grandissima. Coinvolge il geniale Bill Frisell, Regina Carter, Earl Harvin (Tindersticks), tre membri dei Galactic e molti altri per registrare in 4 città diverse (New York, Amsterdam, Berlino e New Orleans) facendosi affiancare da un set di musicisti sempre differente (un po' come fecero i Foo Fighters per Sonic Highways del 2014). Nonostante il possibile rischio di incoerenza musicale, JJ mantiene gli arrangiamenti sempre ordinatamente sottomessi alle sue tastiere ed alla sua voce. Nel gruppo New York Frisell ed il batterista Brian Blade danno supporto a “Fast Forward” e “See no Evil” (cover dei Television); in quello di Amsterdam si fanno apprezzare il pop di “A Little Smile”, l’evocativo “Far Away” ed il latin jazz di “So you say”. A Berlino la stupenda “Junkie Diva” (sembra venir fuori da Katy Lied degli Steely Dan) e “Good Bye Jonny” (il brano forse meno riuscito dell’album). Infine New Orleans ed i Galactic, notevoli nel brano finale del disco “Ode to Joy”, con Beethoven rivisitato in chiave upbeat.
Probabilmente il miglior disco di JJ degli ultimi 20 anni. Voto: ☆☆☆☆
JOHN GRANT - Grey Tickels, Black Pressure (2015)
Dopo lo scioglimento degli Czars mai in realtà emersi dal ruolo di eterne promesse e affogati tra litigi ed abusi vari, John Grant ha continuato la propria carriera essenzialmente come supporto a band di rock alternative quali Midlake e Flaming Lips. Proprio grazie ai Midlake, JG pubblicò il bellissimo Queen of Denmark (disco dell’anno per il nostro blog nel 2010) e successivamente l’insolito Pale Green Ghosts, poco convincente sulle tracce elettroniche dancefloor ma assai meglio sui brani acustici evidentemente a lui più congeniali (vedasi recensione di Microby sul blog). Come già accaduto nel disco precedente, anche in questo disco deriva nel pop elettronico, ma solo saltuariamente; fortunatamente invece il disco è per lo più caratterizzato da ispirate tenui ballate pop, spesso screziate di jazz, quali la title-track e la bellissima “Geraldine”. Del resto l’aveva dichiarato nello scorso album: “I am the greatest motherfucker that you ever gonna meet”. Ora speriamo continui a riprendere quota tornando agli antichi fasti. Voto: ☆☆☆1/2
DAVE RAWLINGS MACHINE - Nashville Obsolete (2015)
Al suo secondo album, il compagno ed alter-ego di Gillian Welch, rimette insieme la band insieme a Willie Watson degli Old Crow Medicine Show, Paul Kowert dei Punch Brothers e Brittany Haas degli Crooked Still. Gillian rimane sempre la sua migliore collaboratrice, supportandolo con discrezione, suonando la chitarra e accompagnandolo alla voce ma soprattutto assicurandogli un apporto melodico ed armonico. Il riferimento assoluto è Neil Young ma anche Levon Helm, Townes Van Zandt e Bob Dylan. Sette brani tra cui svettano l’epica dylaniana The Trip, di oltre 10 minuti, Short-Haired Woman Blues (con un riff che ricorda My My Hey Hey di Neil Young) e Pilgrim You Can’t Go Home. Country di classe. Voto: ☆☆☆1/2
2 commenti:
JOE JACKSON: Bellissimo! Tra la cinquina di JJ da conservare con cura (insieme a Look Sharp!, Night And Day, Big World e l'ultimo, a mio avviso sottovalutato, Rain). Fosse stato tutto all'altezza della sessione newyorkese (superbi nel contesto Bill Frisell e Regina Carter) sarebbe stato un capolavoro. Per esserlo non manca nulla, anzi occorreva sottrarre qualcosa: ad esempio il cabaret mitteleuropeo di Good Bye Johnny e la concitazione chitarristica di Neon Rain; entrambe lodevoli ma fuori contesto. All’artista inglese si rimprovera da sempre che la sua ambizione sia superiore al suo (enorme) talento (un commento simile era stato rifilato, visto che siamo in giorni caldi per il motociclismo, da un arrabbiato Casey Stoner, disarcionato in gara, a Valentino Rossi...), ma con Fast Forward i conti tornano in pareggio. E’ un album splendido, ricco di tutte le componenti musicali che hanno permeato la vita artistica di Jackson: l’urgenza punk, l’intellighenzia new wave newyorkese (See No Evil è un capolavoro di interpretazione, per me prima impensabile nelle corde di JJ, anche se la collaborazione di Bill Frisell è decisiva), la classica (alzi la mano chi potrebbe pensare ad una versione liberamente rock dell'Inno alla gioia meno che kitsch...! E invece qui ne ascoltiamo una veramente riuscita!), il jazz ellingtoniano così come il Jumpin' Jive, il soul (ingentilito) di New Orleans, e le svariate accezioni con le quali l’inglese da sempre interpreta il pop maturo, intelligente, urbano e cosmopolita che regna in ogni traccia anche quando sottotraccia... Non mi stanco di ascoltarlo, e mi è difficile scegliere i brani più belli, perchè ne scarto di bellissimi! Non resta che andarselo a vedere dal vivo (pare arrivi a Milano la prossima primavera...). Grande disco, e serissimo candidato a mio album dell’anno.
Voto Microby: 9.2
Preferite: If I Could See Your Face, Fast Forward, Poor Thing
JOHN GRANT : Ci risiamo. John Grant, più che non volere, non riesce (probabilmente è un problema personologico, vista l'anamnesi familiare e personale da psicoterapia obbligata) a liberarsi della propria dicotomia anche musicale: come scrivi Luca, anche in quest'ultimo lavoro troviamo ballate sontuose in cui tutto è perfetto, dalla scrittura all'interpretazione vocale agli arrangiamenti, e sconfinamenti elettronici da synth-dark pop anni '80. Riuscisse (volesse) a fondere le due distinte anime, non ho dubbi che Grant potrebbe servirci il capolavoro, ampiamente nelle sue possibilità. Epperò... a differenza del retrogusto amaro che lasciava, per i medesimi motivi, il precedente Pale Green Ghosts, in Grey Tickles finiscono per non dispiacermi anche i brani elettronici, probabilmente perchè più figli del Frank Zappa più commerciale e del John Carpenter sia regista che musicista, che dei Depeche Mode mainstream o dei Pet Shop Boys. O forse semplicemente perchè stavolta non ho più avuto lo spiacevole effetto-sorpresa di 2 anni fa. Ce ne faremo una ragione, ed un giorno organizzeremo 2 differenti compilations del nostro: splendide ballate ad uso dei padri, routinarie (ma ironiche) synth-songs per le orecchie dei figli...
Voto Microby: 7.5
Preferite: Grey Tickles, Black Pressure; Global Warming; Geraldine
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