venerdì 25 marzo 2016

VILLAGERS, M. WARD


VILLAGERS (2016) Where Have You Been All My Life




Abbiamo sempre apprezzato, anche su queste pagine, le qualità compositive e la grazia espressiva del dublinese Conor J. O’Brien, unico titolare del moniker Villagers ma da sempre circondato da musicisti di ottimo livello. Tuttavia nei 3 albums precedenti non aveva mai trovato la continuità di eccellenza espressa in alcune singole canzoni. Lo fa ora in un lavoro sostanzialmente antologico ma riarrangiato live in studio, e finalmente l’intimità di Elliott Smith, la brillantezza di Neil Finn, gli arpeggi acustici del folk irlandese, la raffinatezza espressiva di quello inglese, la compostezza degli arrangiamenti di synth, la misura della sezione ritmica danno corpo ad un cantautorato nobile, a tratti umbratile ma mai triste, anzi per lo più sereno, rilassato, contemplativo, bucolico, ed originale rispetto ai suoi colleghi europei e non. O’Brien ha finalmente trovato la via per esprimersi compiutamente, e d’ora in poi non va perso di vista. Con la speranza che non si perda lui.
Voto Microby: 8
Preferite: Courage, Set The Tigers Free, The Soul Serene


M. WARD (2016) More Rain


Più che di musica derivativa, profuma di fresco l’attenzione alle sonorità del decennio di passaggio tra gli anni ’50 e i ’60 che contamina molta della musica attuale, anche in modo trasversale per generi: dal country (vedi Marlon Williams), al soul (l’ultima Mavis Staples), al pop (Gemma Ray), al rock (Paolo Nutini), al cantautorato intelligente. E’ quest’ultimo il caso del nostro M. Ward, tra i primi e più originali nel meticciare il folk rurale con i suoni della west coast più disimpegnata, il country con il doo-wop, il pop con il primo rock’n’roll. E’ proprio il fatto che si rivisitino gli “american graffiti” a conquistare la critica USA piuttosto che quella, più tiepida, europea. Ma all’ottavo album l’ispirazione non sta al passo della produzione precedente, affiancandosi piuttosto per qualità al progetto collaterale She & Him, sempre carino ma mai prezioso. A me ricorda i lavori solisti del Fleetwood Mac Lindsey Buckingham: piacevoli, spensierati, leggeri, ma alla fine innocui.
Voto Microby: 7
Preferite:Girl From Conejo Valley, I’m Listening (Child’s Theme), Slow Driving Man





 

mercoledì 16 marzo 2016

LUCINDA WILLIAMS


LUCINDA WILLIAMS (2016) The Ghosts Of Highway 20




Un album doppio intriso di melodie ammorbanti, testi rassegnati, voce strascicata e chitarre (in)dolenti: 86 minuti di suicidio commerciale che si può permettere solo una personalità musicale forte, una delle migliori cantautrici americane di sempre. Capace come poche di muoversi insieme con originalità e senso della tradizione nei territori del country, del rock e del cantautorato dei loners/losers, la Williams ci presenta 14 brani dilatati (fino ai 12'43” della conclusiva Faith & Grace), tristi più che arrabbiati, dominati dalla sua voce springsteeniana (non a caso ci offre anche la cover di Factory) con l'essenziale accompagnamento di 3 chitarre elettriche (Bill Frisell, Greg Leisz e Val McCallum, centrali nell'economia del disco) dagli umori youngiani, ed occasionale sostegno della sezione ritmica. Non difficile la comprensione di spartito ed arrangiamenti, quanto ardua da sostenere l'atmosfera malata che pervade il lavoro. Se ne astengano i depressi, ma ne godano ampiamente quelli che coraggiosamente lo ascolteranno più volte. Non traggano in inganno le soluzioni elettriche: questo album rappresenta per la Williams ciò che furono Nebraska per Bruce Springsteen e Tonight's The Night per Neil Young. Detto tutto.
Voto Microby: 8
Preferite: Doors of Heaven, The Ghost of Highway 20, Dust

lunedì 14 marzo 2016

TURIN BRAKES, MARLON WILLIAMS


TURIN BRAKES (2016) Lost Property




E’ vero che il quartetto londinese capitanato da Olly Knights e Gale Paridjanian ripropone da 15 anni e 7 album la medesima ricetta: un folk-rock melodico che trae spunto sia dal cantautorato nobile dei ’70 (Paul Simon in primis), sia dal new acoustic movement dei primi ’90 (leggi Kings of Convenience), sia dalla psichedelica elettrica, più orecchiabile ed epica degli ultimi tre decenni. E’ anche vero che lo fa tremendamente bene e, con la frequenza di un lavoro a triennio ed uno spartito sempre riconoscibilissimo, non risulta mai essere noioso o pleonastico. Come gli altri, anche l’ultimo sforzo è assai godibile. Da non perdere in concerto a Brescia alla Latteria Molloy domenica 17 aprile.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Jump Start, Hope We Make It, 96



MARLON WILLIAMS (2016) Marlon Williams


E’ possibile assemblare nello stesso album, anzi nella medesima canzone, Johnny Cash, Brian Wilson, Roy Orbison, Tim Buckley, Wilco? Lo fa, in modo piacevolmente demodè, il 25enne neozelandese al debutto con una serie di covers di brani prevalentemente della tradizione country-nashvilliana. Gli arrangiamenti sono ricchi, poche volte leziosi (ma che sarebbero stati perfetti negli anni ’50-’60), prevalentemente acustici ma talvolta con tocchi di chitarra elettrica in feedback che lasciano intravedere sviluppi più adesi ai tempi correnti, soprattutto nei brani più mossi. Così com’è sembra talmente datato da rischiare l’originalità. Ma ha dei numeri che vanno riconsiderati alla seconda prova.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Hello Miss Lonesome, After All, Dark Child












 

domenica 13 marzo 2016

Keith Emerson - R.I.P.

Ci ha lasciato anche Keith Emerson, morto suicida nella sua casa a Los Angeles. Aveva 71 anni ed era malato da tempo di una malattia degenerativa ai nervi della mano che ne condizionava da tempo la sua passione per le tastiere. Aveva iniziato con i Nice ma con l’arrivo dei primi grandi organisti rock, Jon Lord, Rick Wakeman, Rod Argent e Richard Wright la sua enorme qualità tecnica lo portò al successo planetario con il supergruppo ELP insieme a Greg Lake e Carl Palmer. Gli eccessi non mancavano (la tronfia degenerazione tardiva degli ultimi dischi degli ELP ne sono la prova) ma la sua classe mostruosa e la sua tecnica inimitabile lo hanno portato ad essere sicuramente, insieme a Wakeman e Toni Banks, il migliore tastierista prog-rock di sempre. Lo ricorderemo sempre, sorridente ed entusiasta dietro un muro di Hammond e sintetizzatori Moog.

sabato 5 marzo 2016

Recensioni al volo: Ben Caplan, Eleanor Friedberger, The Last Morning Soundtrack

BEN CAPLAN - Birds with Broken Wings (2015)
Canadese di 30 anni e una voce che è una specie di mix tra Brad Roberts (quello dei Crash Test Dummies) e quella di Tom Waits (sia pure con qualche pacchetto di Lucky Strike in meno),  è in giro da una decina d’anni assiema ad una sua band (i Casual Smokers) ed ha uno stile che mischia musica tzigana, vaudeville, pop, jazz e gypsy-folk. Per certi versi è una sorta di Capossela canadese, tra banjo, mandolini, violini, sax, trombe ed armonica con valzeroni ora da roots-music ora da jazz ballad notturne. Il rischio è quello di fare una gran confusione ma la sua carica bizzarra e travolgente fa perdonare gli eccessi. Da ascoltare: Birds with Broken Wings, 40 Days & 40 Nights. Voto: ☆☆☆1/2


ELEANOR FRIEDBERGER - New View (2016)
Abbiamo avuto più volte l’occasione di parlare di Eleanor e dei Fiery Furnaces, per molti anni una delle band più originali di indie-rock. Dopo lo scioglimento della band fratello e sorella hanno preso strade diverse, con Eleanor più orientata verso un folk-pop anni ’70. Quest’ultimo lavoro (il terzo, dopo Last Summer del 2011 e Personal Record del 2013) conferma l’impronta “seventies”  con brani che sembrano uscire da un disco di Cat Stevens o dei Fleetwood Mac. Rispetto al precedente “Personal Record” l’impronta è meno elettrica, più tradizionale e malinconica. Non un album memorabile. Da ascoltare: He didn’t mention his mother. Voto: ☆☆


THE LAST MORNING SOUNDTRACK - Promises of Pale Nights (2015)

Album minimale all’insegna dell’understatement musicale, il secondo lavoro del gruppo indie-folk francese è espressione di elegante e rarefatto romanticismo dalle tinte pallide e notturne. Una specie di traduzione musicale, limpida e malinconica, delle opere dell’impressionismo. Un album buono per queste ultime settimane invernali. Da ascoltare: As lonely as I am, From now on, Home. Voto: ☆☆☆1/2


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