THE
MONKEES (2016) Good Times!
Mai
avrei pensato di recensire in tempo reale un album dei Monkees, meno
che meno di segnalarlo tra i migliori dell’anno. E invece conviene
drizzare le orecchie perché i tre ultrasettantenni superstiti (dopo
il decesso per infarto nel 2012 di Davy Jones, il belloccio, lead
vocal ed unico inglese della band, troviamo nei soliti ruoli il
batterista Micky Dolenz, il bassista Peter Tork ed chitarrista
Michael Nesmith, l’unico titolare anche di una successiva carriera
da solista di discreto valore) firmano a mio parere il loro disco
migliore di sempre. I più giovani avranno solo sentito parlare del
lustro (1966-1971) in cui la band americana, il prototipo della
boy-band costruita in studio con attori non-musicisti (eccetto
Nesmith) che prestavano solo l’immagine e suonavano in playback,
rivaleggiarono in notorietà addirittura con i Beatles (nel 1967
riuscirono perfino a vendere più album di Beatles e Rolling Stones
insieme!), e la contrapposizione con gli scarafaggi fu alimentata ad
arte, così come leggende, aneddoti, gossip ed il grande successo
della serie TV tra il ’66 ed il ’68 (io ero tra quelli che non
perdeva una puntata! Il plot era quello di un complesso formato da 4
amici che tentava, ovviamente senza mai riuscirci tra peripezie
varie, di ottenere il successo dei Beatles) contribuirono
massicciamente al mercato (75 milioni di dischi venduti
complessivamente) ma anche alla scarsa considerazione che la critica
musicale ha sempre riservato al gruppo. Eppure, al momento di
celebrare il 50° anniversario dall’esordio con il solito piano di
lavoro (l’interpretazione, ora possibile dopo anni di studio degli
strumenti, di canzoni appositamente scritte per loro ai tempi e
rimaste nel cassetto), ecco presentarsi una schiera di insospettabili
fans che si onora di scrivere per il trio: Paul Weller (Jam/Style
Council), Noel Gallagher (Oasis), Andy Partridge (XTC), Rivers Cuomo
(Weezer), Ben Gibbard (Death Cab For Cuties), oltre ad Adam
Schlesinger (Fountains of Wayne) che si propone alla produzione. La
conferma che The Monkees non sono stati solo la risposta commerciale
americana alla beatlesmania, o i papà di New Kids On The Block,
N’Sync, Jonas Brothers, Take That, One Direction, o il prologo
della musica da MTV, ma anche una band inaspettatamente influente
sulle generazioni ed i generi successivi (non solo come intuibile il
power-pop, ma
anche il garage-beat,
il punk-pop, il
surf, il northern soul per dirne alcuni). Good
Times!, a 50 anni dai fasti giovanili, è
scritto benissimo (ok, non da loro, ma come sempre da fior di penne!)
e suona fresco, ispirato, divertente e soprattutto attuale (quanti
giovani gruppi derivativi sixties-oriented incensiamo ad ogni album,
e perché non farlo ora che gli originali ci offrono una prova di
valore senza far leva sulla nostalgia?). Il mio disco per l’estate.
Voto
Microby: 8
Preferite:
You
Bring The Summer, She Makes Me Laugh, Good Times!
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