STARCRAWLER (2018) Starcrawler
“Just another band from L.A.” avrebbe titolato Frank Zappa. C’era
proprio bisogno di una band che all’esordio nel 2018 frulla (molto
bene) The Runaways, The Stooges, The New York Dolls, The
Heartbreakers (quelli di Johnny Thunders), Gun Club e Pixies?
Circondati da un
hype più che palpabile (la diciannovenne
Arrow De Wilde, frontwoman e vocalist supportata dal classico trio
chitarra-basso-batteria, è figlia di musicisti e modella per Teen
Vogue, e la copertina del loro album ritrae la figlia di 10 anni di
Beck in foggia grandguignolesca: d’altra parte la band è nota per
i suoi
live acts selvaggi in cui la cantante fa parecchio uso
di sangue finto, alla guisa di un idolo ed altro riferimento musicale
della band, Ozzy Osbourne con i suoi Black Sabbath), l’attenzione
mediatica pare più che meritata dal momento che l’
endorsement
trasversale ed eclettico –tra gli altri-- di Dave Grohl, Elton John
e Ryan Adams (che per inciso produce l’album) è figlio di sincero
apprezzamento dei suddetti musicisti, conquistati da qualità ed
energia del gruppo. Dieci canzoni per 28 minuti totali (tanto quanto
l’album di debutto dei Ramones), riff di chitarra immediati ed
orecchiabili tuttavia distanti dal punk-pop di Green
Day-Offspring-Blink 182, piuttosto disegnati su un
indie-rock
che riesce a non disperdere l’urgenza del linguaggio
punk
e a ridurre al minimo i belletti del
glam-rock. In anni
di assoluto predominio di tastiere programmate, beats elettronici,
samples e drum machine, DJ alla consolle che hanno detronizzato
rockstar con la Fender, un ritorno alla forza primitiva del rock è
salutare, e di
another band from L.A. alla Starcrawler, se non
la necessità, se ne sentiva proprio la nostalgia.
Voto Microby: 7.5
Preferite: I
Love L.A., Full
of Pride, Let Her Be
DJANGO DJANGO (2018) Marble Skies
L’art-pop intelligente emerso una decina di anni fa nella
terra di Albione non è riuscito a mantenere le sue promesse: tra i
capofila, non lo ha fatto con gli Everything Everything,
fattisi via via più dozzinali, né con la punta di diamante Alt-J,
incapaci di proporre convincenti nuove idee dopo l’esaltante
esordio, e non sembra riuscire a concretizzarle nemmeno con la band
scozzese Django Django. Mai nulla meno che discreto, per carità, ma
anche la band capitanata dal batterista David MacLean si sta
rifugiando in un electropop dal bel gusto melodico, con
armonie vocali zuccherine e catchy, senza tuttavia caratteristiche di
originalità: meno spazio alle chitarre e più a ritmica e tastiere
in odore anni ’80, come se gli XTC più pop avessero
stretto un patto con gli Orchestral Manoeuvres In The Dark,
o i Duran Duran con i Pet Shop Boys. Le medesime considerazioni
valgono anche per l’ultimo album (Little Dark Age) di un
altro gruppo ai tempi molto promettente sull’altra sponda
dell’oceano, i MGMT: tutto molto piacevole,
divertente ed anche ballabile, ma purtroppo risaputo.
Voto Microby: 7.2
Preferite: Marble
Skies, Further, Tic Tac Toe