mercoledì 18 aprile 2018

STARCRAWLER, DJANGO DJANGO


STARCRAWLER (2018) Starcrawler

“Just another band from L.A.” avrebbe titolato Frank Zappa. C’era proprio bisogno di una band che all’esordio nel 2018 frulla (molto bene) The Runaways, The Stooges, The New York Dolls, The Heartbreakers (quelli di Johnny Thunders), Gun Club e Pixies? Circondati da un hype più che palpabile (la diciannovenne Arrow De Wilde, frontwoman e vocalist supportata dal classico trio chitarra-basso-batteria, è figlia di musicisti e modella per Teen Vogue, e la copertina del loro album ritrae la figlia di 10 anni di Beck in foggia grandguignolesca: d’altra parte la band è nota per i suoi live acts selvaggi in cui la cantante fa parecchio uso di sangue finto, alla guisa di un idolo ed altro riferimento musicale della band, Ozzy Osbourne con i suoi Black Sabbath), l’attenzione mediatica pare più che meritata dal momento che l’endorsement trasversale ed eclettico –tra gli altri-- di Dave Grohl, Elton John e Ryan Adams (che per inciso produce l’album) è figlio di sincero apprezzamento dei suddetti musicisti, conquistati da qualità ed energia del gruppo. Dieci canzoni per 28 minuti totali (tanto quanto l’album di debutto dei Ramones), riff di chitarra immediati ed orecchiabili tuttavia distanti dal punk-pop di Green Day-Offspring-Blink 182, piuttosto disegnati su un indie-rock che riesce a non disperdere l’urgenza del linguaggio punk e a ridurre al minimo i belletti del glam-rock. In anni di assoluto predominio di tastiere programmate, beats elettronici, samples e drum machine, DJ alla consolle che hanno detronizzato rockstar con la Fender, un ritorno alla forza primitiva del rock è salutare, e di another band from L.A. alla Starcrawler, se non la necessità, se ne sentiva proprio la nostalgia.
Voto Microby: 7.5

Preferite: I Love L.A., Full of Pride, Let Her Be

DJANGO DJANGO (2018) Marble Skies
L’art-pop intelligente emerso una decina di anni fa nella terra di Albione non è riuscito a mantenere le sue promesse: tra i capofila, non lo ha fatto con gli Everything Everything, fattisi via via più dozzinali, né con la punta di diamante Alt-J, incapaci di proporre convincenti nuove idee dopo l’esaltante esordio, e non sembra riuscire a concretizzarle nemmeno con la band scozzese Django Django. Mai nulla meno che discreto, per carità, ma anche la band capitanata dal batterista David MacLean si sta rifugiando in un electropop dal bel gusto melodico, con armonie vocali zuccherine e catchy, senza tuttavia caratteristiche di originalità: meno spazio alle chitarre e più a ritmica e tastiere in odore anni ’80, come se gli XTC più pop avessero stretto un patto con gli Orchestral Manoeuvres In The Dark, o i Duran Duran con i Pet Shop Boys. Le medesime considerazioni valgono anche per l’ultimo album (Little Dark Age) di un altro gruppo ai tempi molto promettente sull’altra sponda dell’oceano, i MGMT: tutto molto piacevole, divertente ed anche ballabile, ma purtroppo risaputo.
Voto Microby: 7.2
Preferite: Marble Skies, Further, Tic Tac Toe




 

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