NILUFER
YANYA (2019) Miss Universe
Si fa un gran parlare del
debutto su lunga distanza di questa ventitreenne londinese, di padre
turco e madre antillana (Barbados), entrambi artisti. Ed in termini
solo positivi. Nonostante melodie ad alto potenziale radiofonico, gli
arrangiamenti non suonano lineari e facilmente fruibili (solo ad un
ascolto distratto le canzoni di NY appaiono semplici), né aiuta
l’estrema varietà dei generi affrontati (indie-rock,
alt-pop, electro-pop, nu-soul, alt-R’n’B),
o la proposizione di 12 brani intercisi da 5 brevi e pleonastici
interludi che interrompono la fluidità del lavoro. Sia i testi che
le soluzioni musicali, così come la voce utilizzata su più registri
anche nel medesimo brano, comunicano aggressività inibita,
adrenalina trattenuta, ansia palpabile, come un’adolescente che non
sa con chi può confidarsi e fino a che punto può fidarsi del mondo.
Meglio la prima parte, nutrita dagli echi dei più morbidi Pixies,
P.J. Harvey e Mitski, che la seconda in cui prevale l’influenza
nu-soul alla Frank Ocean (sebbene personalizzata). L’impressione di
testa è che ben 8 produttori diversi abbiano nuociuto all’amalgama,
piuttosto che colorato le diversità di genere (un produttore inglese
mirato, butto lì un John Parish, penso avrebbe potuto cavare dal
cappello un capolavoro). Ma l’impressione di cuore è che di questa
talentuosa inglesina sentiremo parlare ancora a lungo.
Voto
Microby: 8
Preferite:
In
Your Head, Paralysed, Angels
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