Genere: Acoustic singer-songwriter, Dark pop
Simili: Hope Sandoval, Jewel, Joni Mitchell
Voto Microby: 7.8
Preferite: White Dress, Wild At Heart,
Chemtrails Over The Country Club
Mai avrei pensato di recensire un disco di Lana Del Rey, e
meno che meno in termini positivi. Il mélo finto-dolente e molto glamour --ed
ovviamente di grande successo commerciale-- di inizio carriera la poneva agli
antipodi dei miei interessi musicali. Ma fortunatamente ho commesso l'errore,
che ora si dimostra ben ripagato, di ascoltare il suo precedente album Norman Fucking Rockwell!, tra i dischi
dell'anno per moltissime testate musicali (e sfuggito alla mia playlist 2019
solo perchè ascoltato fuori tempo massimo per le classifiche). Un lavoro di
coraggioso cantautorato pop noir, malinconico e maturo, sofisticato ed
intrigante. Chemtrails Over The Country
Club certifica che NFR! non è
stato un episodio isolato, ma il risultato di un percorso di crescita che ha
portato Lana Del Rey a liberarsi degli abiti di scena per vestirsi da francescana,
interprete credibile di stati d’animo femminili intimi anzichè sensualmente
melodrammatici. Partiture melodiche essenziali, pure, che al primo ascolto
appaiono piatte, ripetitive e noiose, ammantate da una voce dalla timbrica
monocromatica e dal falsetto strozzato, che tuttavia alla distanza si rivelano
adatte allo scopo: vestire un pathos narcolettico alla David Lynch. La povertà
degli arrangiamenti è solo finta, giacchè la presenza degli strumenti è ricca
ma assai discreta (vedi l’esordio di Matt Berninger), e la confessione di
storie personali-e-non è partecipata e sincera. Alla fine l’impressione
personale è, fatte le debite proporzioni, quella di una Hope Sandoval che
incontra Joni Mitchell nel nuovo millennio. Forse non a caso l’album si chiude
con un’eccellente cover di For Free
della signora di Laurel Canyon.
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