domenica 28 giugno 2015

PATRICK WATSON, MUSE, STEVE VON TILL


PATRICK WATSON (2015) Love Songs For Robots

Nel 2012 su queste pagine avevamo visto giusto nel segnalare questo giovane canadese passato dalla sperimentazione alla forma-canzone: ulteriormente cresciuto, ora riesce a padroneggiare brani chamber-pop complessi eppure intimi, con nuances psichedeliche e scarni tocchi di elettronica, coazioni a ripetere dai tratti onirici eppure orecchiabili, tanto che le melodie si ficcano in testa. La voce sussurrata in un tenue eppure appassionato falsetto (tra Sufjan Stevens, Steve Mason ed Antony Hegarty) è uno strumento aggiunto, come facevano in altri territori (e senza fare paragoni) John Martyn e Jeff Buckley. Titolo azzeccatissimo per il prodotto finale, ed artista ancor più da seguire con vivo interesse.
Voto Microby: 8.3
Preferite: Good Morning Mr. Wolf, Places You Will Go, Love Songs For Robots
 
 
MUSE (2015) Drones

Alla cattiva recensione di The 2nd Law, 3 anni fa sul blog, avevamo invocato un colpo d’ala qualitativo da parte di una band dalle enormi doti, già esplicitate in passato. Ebbene, Matthew Bellamy e sodali sembrano proprio aver rialzato la testa: sebbene lontano dall’eccellente, moderno glam-rock dei primi album, Drones esprime il meglio del gruppo inglese nell’ambito electro-glam-prog rock grazie al quale è diventato famoso e milionario. Ottima la prima parte, potente ed appassionata (in cui è palpabile la mano del leggendario produttore hard rock Robert John “Mutt” Lange), sebbene sempre debitrice per linguaggio musicale a U2, Kiss, T-Rex e Queen. Peccato per la seconda frazione, in cui si perde sintesi e personalità citando smaccatamente gli U2 di One (Aftermath), i Queen rock (Defector), quelli prog (Revolt e non solo), e quelli romantici (sempre Aftermath, nella scia di Who Wants To Live Forever), e si propongono brani funzionali allo script ma pasticciati come il lungo polpettone prog The Globalist, in cui si passa dal western morriconiano alla marcetta militare, da riffoni metal ad un pianoforte tschaikowskiano; per finire con l’a-cappella ieratico di Drones, piacevole in sé ma musicalmente fuori contesto. Ma gli eccessi ed il kitsch sono parte integrante di quella che resta una grande band, come dimostra da anni nei live-acts.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Psycho, Mercy, Reapers
 
STEVE VON TILL (2015) A Life Unto Itself

Leader dei Neurosis ed artefice di una carriera che lo pone tra i migliori rappresentanti del noise-metal, Von Till non è tuttavia nuovo a prove totalmente acustiche, umbratili, intime, che per la timbrica vocale cavernosa e gli arrangiamenti scarni lo pone al fianco delle prove acustiche folk-blues di Mark Lanegan, solo meno incisivo. Ma piacerà molto a chi è in astinenza dell’ex-Screaming Trees e non ha placato la sete con l’emulo Duke Garwood.
Voto Microby: 7
Preferite: In Your Wings, Night of The Moon, Birch Bark Box

 

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