mercoledì 2 aprile 2014

Recensioni al volo: Amy Ray, Bap Kennedy, Panic Room

AMY RAY - Goodnight tender (2014)
Per chi non lo sapesse, Amy Ray è una delle due Indigo Girls (insieme ad Emily Saliers) e questo è il suo sesto album da solista. Già il fatto che uno dei brani si intitoli “Duane Allman” (in cui le voci sono curate da Susan Tedeschi), o che tra gli ospiti vi siano Justin Vernon (= Bon Iver), Heather McEntire (Mount Moriah) è un notevole biglietto da visita. Un buon disco country, molto piacevole. Da ascoltare. Voto: ☆☆

BAP KENNEDY - Let’s start again (2014)
L’album del 2012 (“The tailor’s revenge”) del  musicista irlandese era stato senz’altro uno dei migliori di quell’anno; questo è il suo settimo lavoro e conferma l’enorme qualità dell’ex Energy Orchard. Rispetto al precedente questo disco suona sicuramente più “americano” non essendovi più traccia delle melodie celtiche del precedente. Piuttosto ci sentiamo Steve Earle, il Bob Dylan di Desire, le melodie tex-mex dei Los Lobos o il country di Lyle Lovett. Voto: ☆☆

PANIC ROOM - Incarnate (2014)

E’ sempre piacevole sentire un bel disco prog, genere musicale cui tutti (nessuno escluso!) siamo nella testa e nel cuore grati di avere allietato i nostri anni migliori. Tra i più ispirati e innovativi va menzionato sicuramente questo gruppo gallese i cui componenti si dividono tra questa stessa band ed altre di un certo rilievo nella scena prog contemporanea, quali i Mostly Autumn ed i Luna Rossa. La voce di Anne-Marie Helder ricorda quella di Christina Booth (Magenta), gallese come lei; le tastiere sono alla moda dei Supetramp, la musica è un bel prog contaminato da chitarre blues e riffs quasi jazzati. Voto: ☆☆

1 commento:

microby ha detto...

BAP KENNEDY: devo al precedente album segnalato da Luca sul nostro blog il mio riavvicinamento a Martin “Bap” Kennedy. Non seguivo il cantautore di Belfast da quando aveva staccato la spina alla chitarra elettrica con lo scioglimento degli Energy Orchard di cui era leader. Ma proprio allora Steve Earle lo invitava ad aprire la carriera solista guardando alla campagna americana piuttosto che a quella nordirlandese. Incassata nel tempo anche la stima e la collaborazione di Mark Knopfler, come questi Bap non abbandonava più le atmosfere musicali d’oltreoceano e, album dopo album, continua a deliziarci con chitarre acustiche, banjo, fiddle e fiati che lo avvicinano all’esplorazione che già Lyle Lovett, Los Lobos, Willy De Ville ed i già citati Earle e Knopfler hanno condotto nei territori country, folk, tex-mex, con qualche spunto fifties. Solo lievemente inferiore al precedente, ma sempre una certezza. Grazie Luca!
Voto Microby: 7.4
Preferite: Revelation Blues, Song of Her Desire, If Things Don’t Change

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