mercoledì 16 aprile 2014

SOPHIE ZELMANI, THE WAR ON DRUGS, CARLA BOZULICH


SOPHIE ZELMANI (2014) Going Home

La timida e bruna svedese (l’opposto dell’immaginario italiano delle scandinave) non sbaglia un colpo: dopo 18 anni e 10 dischi lascia la Sony ed incide per la propria etichetta autogestita un album contenente solo nuove versioni di vecchi brani più un inedito (Aftermath). E lo fa riproponendo non una serie di hits da classifica, ma stimolando i palati fini con arrangiamenti acustici dall’impalcatura semplice ma dai dettagli (chitarre acustiche, piano, fiati, archi) raffinatissimi, sontuosi nel rispetto delle pause e del passo lento di tutto il lavoro, certamente il più intimo della produzione della cantautrice. Da ascoltare in solitaria lasciando decantare dolcemente le note, e da non accostare ai cantautori nordamericani depressi/confessionali (leggi William Fitzsimmons, Bon Iver, Neil Halstead… ) ma piuttosto ai lavori acustici di Bill Frisell, Pat Metheny, Mark Knopfler (ah, quanto si sentirebbero “a casa” partecipando ad un disco della Zelmani!), o alle colleghe altrettanto dotate Laura Marling, Clara Luzia, Feist, Ane Brun, Lisa Hannigan, Anna Luca…
Voto Microby: 8
Preferite: Going Home, Happier Man, Got To Stop
THE WAR ON DRUGS (2014) Lost In The Dream


Adam Granduciel e Kurt Vile avevano pubblicato nel 2008 uno splendido esordio, Wagonwheel Blues, figlio bastardo di Bob Dylan e dell’elettricità confusa dei ’90. Separatisi subito dopo, Granduciel chiariva presto di essere poco interessato alla forma-canzone come invece Vile (con buoni risultati), ed al terzo album a nome TWOD una batteria eccessivamente metronomica traccia brani dilatati in cui a farla da padrone sono la voce sofferta del nostro e la chitarra elettrica ipnotica, riverberata, rallentata ma tesa. Lost In The Dream suona come se i Waterboys interpretassero un’americana psichedelica, con echi qua e là di Dylan, Young, Springsteen e Arcade Fire. Meglio del precedente lavoro, ma lontano dall’esordio.
Voto Microby: 7.5
Preferite: An Ocean In Between The Waves, Burning, Red Eyes
CARLA BOZULICH (2014) Boy
L’artista losangelena, già attiva nel post-punk/industrial anni ’80, ha proseguito negli anni e sotto varie spoglie (Evangelista il moniker più noto) la sua ricerca nell’avanguardia rock fino ad arrivare all’attuale Boy che viene giudicato dalla stessa autrice il suo lavoro più “pop”. Molto tra virgolette, aggiungiamo, perché i richiami più immediati sono la no-wave di Lydia Lunch, il Nick Cave più grezzo, oscuro, disturbante, la PJ Harvey più urticante e drammatica. Nei brani più accessibili (perché è vero che questo è l’album meno difficile della nostra) l’approccio vocale ricorda Patti Smith, ma la Bozulich è più declamatoria e cupa, e nuota immersa tra percussioni tra il tribale ed il sepolcrale e chitarre elettriche e tastiere spesso dissonanti. Fuori dalle virgolette, è un rock sperimentale certamente intenso ma per nulla facile, anzi probabilmente noioso per i non appassionati del genere.
Voto Microby: 7.1
Preferenze: Drowned To The Light, Danceland, What Is It Baby?


2 commenti:

lucaf ha detto...

SOPHIE ZELMANI Dopo la tua recensione sono andato a ripescarmelo sotto tutti gli altri da ascoltare. Una bellezza incredibile, un disco stupendo! Sembra di ascoltare Mark Knopfler ai suoi massimi livelli acustici, il timbro della voce è quello dei Tindersticks ma il calore è squisitamente femminile, caldo, intrigante ed ammaliante. Bellissimo album, subito tra i più belli dell'anno!! Voto: ☆☆☆☆1/2
CARLA BOZULICH non la conosco. Pensa un po', viene in concerto in provincia di Brescia a metà giugno ma, da come la descrivi, non è che faccia venire una gran voglia di sentirla dal vivo...

microby ha detto...

Dove viene a suonare? Curioso di sapere se anche dal vivo è così impegnativa... Dipende comunque da quanta strada farà l'Italia ai Mondiali!!

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