La
timida e bruna svedese (l’opposto dell’immaginario italiano delle
scandinave) non sbaglia un colpo: dopo 18 anni e 10 dischi lascia la
Sony ed incide per la propria etichetta autogestita un album
contenente solo nuove versioni di vecchi brani più un inedito
(Aftermath). E lo fa
riproponendo non una serie di hits da classifica, ma stimolando i
palati fini con arrangiamenti acustici dall’impalcatura semplice ma
dai dettagli (chitarre acustiche, piano, fiati, archi)
raffinatissimi, sontuosi nel rispetto delle pause e del passo lento
di tutto il lavoro, certamente il più intimo della produzione della
cantautrice. Da ascoltare in solitaria lasciando decantare dolcemente
le note, e da non accostare ai cantautori nordamericani
depressi/confessionali (leggi William Fitzsimmons, Bon Iver, Neil
Halstead… ) ma piuttosto ai lavori acustici di Bill
Frisell, Pat Metheny, Mark Knopfler (ah,
quanto si sentirebbero “a casa” partecipando ad un disco della
Zelmani!), o alle colleghe altrettanto dotate Laura
Marling, Clara Luzia, Feist, Ane Brun, Lisa Hannigan, Anna Luca…
Voto
Microby: 8
Preferite:
Going Home, Happier
Man, Got To Stop
THE
WAR ON DRUGS (2014) Lost In The Dream
Adam
Granduciel e Kurt Vile avevano pubblicato nel 2008 uno splendido
esordio, Wagonwheel Blues,
figlio bastardo di Bob Dylan e dell’elettricità confusa dei ’90.
Separatisi subito dopo, Granduciel chiariva presto di essere poco
interessato alla forma-canzone come invece Vile (con buoni
risultati), ed al terzo album a nome TWOD una batteria eccessivamente
metronomica traccia brani dilatati in cui a farla da padrone sono la
voce sofferta del nostro e la chitarra elettrica ipnotica,
riverberata, rallentata ma tesa. Lost In The
Dream suona come se i Waterboys
interpretassero un’americana
psichedelica, con echi qua e là di Dylan, Young, Springsteen e
Arcade Fire. Meglio del precedente lavoro, ma lontano dall’esordio.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
An Ocean In Between The Waves, Burning, Red
Eyes
CARLA
BOZULICH (2014) Boy
L’artista
losangelena, già attiva nel post-punk/industrial anni ’80, ha
proseguito negli anni e sotto varie spoglie (Evangelista
il moniker più noto) la sua ricerca nell’avanguardia rock fino ad
arrivare all’attuale Boy
che viene giudicato dalla stessa autrice il suo lavoro più “pop”.
Molto tra virgolette, aggiungiamo, perché i richiami più immediati
sono la no-wave di Lydia Lunch,
il Nick Cave più
grezzo, oscuro, disturbante, la PJ Harvey
più urticante e drammatica. Nei brani più accessibili (perché è
vero che questo è l’album meno difficile della nostra) l’approccio
vocale ricorda Patti Smith,
ma la Bozulich è più declamatoria e cupa, e nuota immersa tra
percussioni tra il tribale ed il sepolcrale e chitarre elettriche e
tastiere spesso dissonanti. Fuori dalle virgolette, è un rock
sperimentale certamente intenso ma per nulla
facile, anzi probabilmente noioso per i non appassionati del genere.
Voto
Microby: 7.1
Preferenze:
Drowned To The
Light, Danceland, What Is It Baby?
2 commenti:
SOPHIE ZELMANI Dopo la tua recensione sono andato a ripescarmelo sotto tutti gli altri da ascoltare. Una bellezza incredibile, un disco stupendo! Sembra di ascoltare Mark Knopfler ai suoi massimi livelli acustici, il timbro della voce è quello dei Tindersticks ma il calore è squisitamente femminile, caldo, intrigante ed ammaliante. Bellissimo album, subito tra i più belli dell'anno!! Voto: ☆☆☆☆1/2
CARLA BOZULICH non la conosco. Pensa un po', viene in concerto in provincia di Brescia a metà giugno ma, da come la descrivi, non è che faccia venire una gran voglia di sentirla dal vivo...
Dove viene a suonare? Curioso di sapere se anche dal vivo è così impegnativa... Dipende comunque da quanta strada farà l'Italia ai Mondiali!!
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