sabato 2 gennaio 2016

Recensioni: City and Colour, Duncan Sheik, Cutting Crew

CITY AND COLOUR - If I should go before you (2015)
Prima di diventare un apprezzato musicista folk-rock, con lo pseudonimo City (Dallas) and Colour (Green), il canadese Dallas Green era la mente della band picchia-duro Alexisonfire con tanto di tatuaggi, borchie e amenità varie.  Messa da parte la sua gioventù post-hardcore ha virato a 180° verso uno stile cantautorale che ha fatto e fa storcere il naso alla gran parte della critica radical-chic. Dopo un paio di lavori sicuramente opachi, ha smesso di ammiccare troppo a Sufjan Stevens o Justin Vernon, trovando la sua autonoma collocazione musicale, secondo una caratteristica del tutto unica:  con armonie stripped-down, grezze e apparentemente banali riesce comunque a confezionare composizioni di grande qualità. Così anche per questo suo quinto lavoro solista: armonie ariose, lievemente bluesy, ritmi vagamente gospel-soul, una voce così sottile da ricordare quella di Ion Anderson. Un disco semplice e toccante. Da ascoltare: Northern Blues, Wasted Love, Lover Come Back. Voto: ☆☆☆1/2



DUNCAN SHEIK - Legerdemain (2015)
DS da 20 anni e 8 album ci ha abituato ad un folk-pop di grande classe, passando dal commerciale hit “Barely Breathing” del 1996 ad un percorso via via sempre più avventuroso e teatrale (indimenticabile la colonna sonora, peraltro di grande successo, per lo spettacolo off-Broadway “Spring Awakening” a cui ho avuto la fortuna di assistere). In questo ultimo lavoro, pur in una struttura musicale tradizionale, DS preoccupandosi poco del potenziale commerciale, si cimenta dapprima con un’elettronica beat anni ‘80 per poi virare a 180° verso un sommesso minimalismo acustico che ricorda Nick Drake o Elliott Smith. Inutile dire che è proprio la seconda parte dell’album quella più convincente, con la messa a fuoco sulle sue brillanti capacità di songwriter ed il sopravvento del suono più “tradizionale” ed acustico. Un disco fluttuante, ambizioso, quasi metafisico, come sempre geniale. Da ascoltare: Brutalized, No Happy End, Hey You. Voto: ☆☆☆1/2



CUTTING CREW - Add To Favourites (2015)
Come molti appassionati cresciuti musicalmente a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80 mi ero completamente dimenticato dei Cutting Crew, band inglese i cui hit hanno fatto parte del movimento new wave allora in gran voga.  I CC conobbero un grande successo commerciale nel 1986 con l’album Broadcast soprattutto grazie al pop-rock di “One for the Mockingbird” ed alla strappamutande "I've Been In Love Before”. Da lì in poi persero lucentezza ed entusiasmo fino a separarsi pochi anni dopo.  Nel 2005 il cantante/chitarrista Nick Van Eede rimise in piedi la band senza l’apporto del cofondatore Kevin MacMichael, morto qualche anno prima, pubblicando “Grinning Souls”, disco assai diverso dalle produzioni precedenti e ricco invece di influenze blues-rock, country e R&B. Quest’ultimo album rappresenta un’ulteriore interessante evoluzione verso atmosfere country-folk ricordandoci Soul Asylum, Counting Crows, Chris Isaak, Van Morrison e Stone Temple Pilots. Da ascoltare: San Ferian, Till The Money Runs Out, (She Just Happened To Be) Beautiful. Voto: ☆☆☆1/2



2 commenti:

microby ha detto...

CITY AND COLOUR : Dall’hardcore degli Alexisonfire al folk-pop tra Bon Iver ed Iron & Wine del penultimo The Hurry And The Harm (2013), ascoltando If I Should Go Before You si fa veramente fatica a credere che si tratti sempre di Dallas Green, ora dedito ad un pop decisamente soulful ma dalla costruzione quadrata come fosse figlio della new wave più morbida degli ’80. Certamente è un deciso passo in avanti (ma a me era piaciuta anche l’uscita precedente, della quale resta uguale solo la voce in semi-falsetto decisamente adatta al white soul), e questa crescita progressiva del canadese lo mette tra i nomi da seguire con maggiore curiosità. Perché, comunque le arrangi, la capacità di scrivere belle canzoni gli appartiene.
Voto Microby: 8
Preferite: Mizzy C, Lover Come Back, Killing Time

microby ha detto...

DUNCAN SHEIK : Come scrivi Luca, un disco assolutamente dicotomico, in cui le prime 9 canzoni mostrano un cantautore di bella scrittura alle prese con arrangiamenti poco consistenti, da pop dozzinale (in questo senso meglio ascoltarsi le ultime produzioni di David Gray), e le ultime 7 un autore ed esecutore molecolarmente drakeiano, con un paio di gioielli assoluti. Eppure la penna è la medesima. Come ho scritto a proposito del 1989 di Swift/Adams, sembra più l'arrangiamento che la scrittura a definire un genere/sottogenere musicale, e ad impreziosire o vanificare una composizione. Voto 6 alla prima parte (le canzoni, se ci si sofferma sulla melodia, sono belle, ma spesso si sfiora il kitsch), 8 alla seconda (che resisterà nel tempo). Media 7. Concordo con le tue highlights (No Happy End è stupenda), anche con Hey You che, pur appartenendo al primo lotto di pop radiofonico pasticciato, ha una melodia piacevolmente appiccicosa.
Voto Microby: 7
Preferite: No Happy End, Brutalized, Hey You

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