TOM
ODELL (2018) Jubilee Road
Un
eccellente debutto nel 2013 a soli 22 anni rovinosamente compromesso
da un sophomore
album dozzinale (ma ben accolto da critica e mercato USA) facevano
temere l’ennesima meteora. Invece il terzo lavoro del ventottenne
inglese col DNA ricco di soul e le orecchie impreziosite dalla
lezione di Coldplay, Leonard Cohen, Jeff Buckley ed Elton John non
delude chi lo attendeva al varco con critica curiosità. Un passo di
lato, anziché indietro, che avendo perso l’innocenza (ma anche
l’ingenuità) degli esordi non lo allontana dal mainstream
pur conservando l’ispirazione ed il grande senso melodico del primo
album, e tra i maestri lo posiziona a metà strada tra l’Elton
John di
"Goodbye Yellow Brick
Road" e l’appeal
radiofonico soft-rock
di Bruce Hornsby, tra il pianismo sincopato del primo e quello
brillante del secondo. Pochi altri strumenti (oltre alla sezione
ritmica, occasionali spunti di chitarra e fiati con funzione di
sostegno e di sax con ruolo da solista) completano un suono nel
complesso ricco ed a tratti, quando i cori si fanno pregnanti come da
lezione gospel-soul, perfino enfatico. Non mancano quindi né testa,
né anima né cuore ad un artista che temevamo seguisse il sentiero
da "pop for the
masses" di qualità
come James Blunt, o che sposasse la causa dell’alternative
R&B, molto cara
al mercato americano. Avremmo perso un artista innamorato del
pop-soul dei
seventies in
grado di ammaliare con la formula di allora i 50-60enni di oggi ma
anche di far breccia nel cuore degli adolescenti non hip-hop
dipendenti.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
Queen
od Diamonds, If You Wanna Love Somebody, Jubilee Road
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