martedì 5 agosto 2014

PENGUIN CAFE', TO ROCOCO ROT, SAMARIS


PENGUIN CAFE' (2014) The Red Book
Secondo album per la riformata, con nome abbreviato, Penguin Cafè Orchestra, seminale progetto chiuso nel 1997 con la scomparsa del leader e fondatore inglese Simon Jeffes. Il nuovo ensemble aveva esordito nel 2011 sotto la guida del figlio di Jeffes, Arthur, e lungo le coordinate musicali con le quali già il padre aveva descritto la PCO: “modern semi-acustic chamber music”. Ora i membri stabili sono 9, ed a dominare i brani strumentali sono al solito pianoforte (solo acustico a differenza della PCO) e celli. A differenza della PCO non vi è alcuna tendenza all’avantgarde, e talvolta si nota una certa ridondanza ed un’eccessiva leziosità dei suoni, che rischia l’accostamento alla new age; meglio quando prevale l’influenza folk o cameristica. In ogni caso il gusto per linee melodiche affascinanti eseguite con impeccabile raffinatezza compensa e conquista.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Solaris, Black Hibiscus, Bluejay
TO ROCOCO ROT (2014) Instrument
Il gruppo elettronico di Berlino, già attivo da una ventina di anni, collabora per la prima volta col newyorkese Arto Lindsay. Ne risulta un album ben amalgamato che sposa piacevolmente le trame elettroniche “quadrate” e da ascolto dei tedeschi con la voce sommessa e la chitarra avantgarde dell’artista americano.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Down In The Traffic, Many Descriptions, Classify
SAMARIS (2014) Silkidrangar

Il giovane trio (2 donne e un uomo) di Reykjavik è insieme la naturale evoluzione e la summa del ricchissimo humus musicale islandese: cita a memoria (tralasciando l’avantgarde) la lezione della madre di tutti, Bjork; accarezza la liricità onirica dei Sigur Ros; si ispira agli altri conterranei Mùm e Olafur Arnalds, e li condisce con liriche di poeti islandesi del 1800. Tuttavia getta uno sguardo anche fuori dall’isola, dove è attratto dal minimale pop elettronico di James Blake e dal synth-pop più morbido di John Grant e Fever Ray, ma lambisce anche il dark di scuola 4AD (Cocteau Twins e This Mortal Coil in primis). Le melodie sono delineate dal canto etereo e sospirato (Bjork-like) di Jofridur Akadottir, sostenute da beats elettronici discreti e scaldate da un clarinetto. Ne risulta un insieme ipnotico, contemplativo, sognante, mistico, evocativo dei paesaggi d’origine. Il limite è l’eccessiva uniformità e monocromaticità dei brani. Il pericolo futuro è la ripetitività. La sfida è quella di un’evoluzione originale, che si smarchi dalle fonti di ispirazione.
Voto Microby: 7.2
Preferite: Eg Vildi Fegin Verda, Vogguljòd, Tibrà


1 commento:

lucaf ha detto...

Mi ero perso il loro disco del 2011 e pensavo il Caffè avesse chiuso per sempre. La PCO mi ha sempre incuriosito: saranno state quelle copertine enigmatiche e colorate e quelle musiche quasi pastorali, così diverse da quello che, in quel genere, si poteva sentire (High Llamas, Philip Glass, Steve Reich). Questo lavoro è a pieno titolo un'ottima prosecuzione di quegli anni. Sicuramente da ascoltare e tenere sulla playlist 2014 il brano "Solaris". Voto: ☆☆☆1/2

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