CHRIS CORNELL (2015) Higher Truth
Dopo il pasticcio di pop elettronico Scream (2009), prodotto da Timbaland (!), l’ex frontman di Temple of The Dog/ Soundgarden/Audioslave mette di nuovo d’accordo critica e fans pubblicando un album prevalentemente acustico, dai suoni brillanti e dagli arrangiamenti ricchi, con inserti elettrici misurati ma appassionati. La voce è sempre tra le migliori del panorama rock, ma sono scrittura e produzione (stavolta nelle mani sapienti di Brendan O’Brian, vedi Pearl Jam e Bruce Springsteen) a fare la differenza, in un disco senza brani deboli che richiama per stile ed ispirazione l’esordio da solista Euphoria Mourning (1999), e per il quale si può scomodare l’etichetta di cantautorato post-grunge per adulti.
Voto Microby: 8
Preferite: Nearly Forgot My Broken Heart, Dead Wishes, Higher Truth
ADELE (2015) 25
Abbandoni l’idea chi pensava che Adele potesse continuare il discorso là dove l’aveva interrotto Amy Winehouse. Dove quest’ultima cercava un connubio tra il soul classico ed i nuovi linguaggi del pop, nel contempo differenziandosi dal nu-soul alla Erikah Badu, al terzo album la londinese 27enne (“25” sta per l’età in cui ha composto i brani dell’album) non modifica formazione e tattica vincente, che hanno portato il precedente “21” ad essere, con le sue 30 milioni di copie, l’album inglese più venduto dall’inizio del millennio. Con poche rivali nel comporre ed eseguire pop-soul ballads per il mercato bianco (necessita solo di piano e voce per esprimere il suo enorme talento), e più nella media nell’affrontare brani più mossi, la rotonda e simpatica inglesina pare sempre più vicina alle stars dell’easy listening di classe come Celine Dion, Whitney Houston, Dusty Springfield, Dionne Warwick che alle muse ispiratrici (per sua esplicita ammissione) come Etta James ed Aretha Franklin. Certo, in questo pop levigato tinto di white soul, Adele Laurie Blue Adkins non ha rivali.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Hello, When We Were Young, Million Years Ago
DEATH CAB FOR CUTIE (2015) Kintsugi
Kintsugi è l’arte giapponese della riparazione di vasellame di ceramica. Forse si riferisce al distacco dal gruppo del chitarrista e co-fondatore Chris Walla, che ha comunque prima ultimato l’album. Ed il ritorno alle elegantissime, cristalline e sognanti sonorità della sua chitarra, dopo il rammarico di un album virato alle tastiere ma insipido come il precedente Codes and Keys (2011), è il marchio dell’attuale album: non è un capolavoro, Kintsugi, ma la chitarra di Walla, la voce nasale ma vellutata, intrisa di malinconia del leader Ben Gibbard, il lavoro accurato e raffinato della sezione ritmica indicano il passo del soft-rock dei nostri tempi. Mancano tuttavia le grandi canzoni (di cui i nostri sono stati capaci in passato) che garantiscano il salto di qualità dal discreto all’eccellente.
Voto Microby: 7
Preferite: Little Wanderer, Black Sun, Good Help (I So Hard To Find)
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