HALF MOON RUN (2015) Sun Leads
Me On
Potrebbe
essere il terzo album degli Alt-J. Quindi acquisto a scatola chiusa.
Ma rispetto a questi ultimi il quartetto di Montreal, qui al secondo
lavoro, ha caratteristiche in più ed altre in meno. In più (non è
necessariamente una qualità) soprattutto le influenze: oltre agli
stessi Alt-J
(pop intelligente,
cori sospesi, cambi di ritmo, progressioni melodiche, rimandi al folk
bucolico attualizzato), anche ampie dosi di Fleet
Foxes e di Stornoway,
un pizzico di Midlake, di Bloc Party
e di Beach Boys. Ma
anche 2 brani (quelli che eliminerei dalla scaletta perché
totalmente disarmonici col resto; e purtroppo scelti come singoli, la
qual cosa mi fa temere per l’evoluzione futura della band)
electro-new wave anni’80. In meno: la classe cristallina degli
Alt-J, originale e compiuta già all’esordio, là dove gli HMR
mostrano ancora qualche indecisione e (piccola) pecca tre anni dopo
il debutto. Si tratta di dettagli che ad alti livelli fanno la
differenza, ma la stoffa utilizzata è di ottima qualità ed il
taglio di eccellente fattura. Le scelte future presumo siano legate
al successo o meno dei 2 singoli Trust
e Consider Yourself,
così mi ritrovo a tifare contro.
Voto
Microby: 8.5
Preferite:
Turn
Your Love, Hands In The Garden, Narrow Margins
THE LONDON SOULS (2015) Here
Come The Girls
Secondo
album (ma primo con distribuzione internazionale) per il classico duo
chitarra (Tash Neal, sembra il cugino di Jimi Hendrix) e batteria
(Chris St. Hilaire, il fratello minore di Frank Zappa?). Non tragga
in inganno il nome della band: i due sono di New York. Illuminanti
invece, per catalogare il genere musicale prodotto, le somiglianze
fisiche, il look dei due e l’artwork di copertina: una totale
immersione nel rock
(non pop) anni ’60,
con le influenze più palesi in Cream,
Beatles, Small Faces, Animals, Ten Years After.
Al netto della mancanza di originalità (se pensiamo che le medesime
radici, filtrate ed attualizzate, le troviamo in una band di altra
levatura come i Black Keys)
le 13 tracce sono fresche, godibili, ben eseguite, filologicamente
impeccabili, che siano acustiche o elettriche. Un consigliabile
ritorno ai sixties di qualità.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
When
I’m With You, Steady, Alone
PETER BRODERICK (2015) Colours
of The Night
Il
prolificissimo (già una quindicina di dischi a soli 28 anni!)
musicista di Portland, Oregon (ma da anni attivo a Copenhagen),
registra l’ultimo album a Lucerna, accompagnato da una band
svizzera. Ma il suono resta caldo, crepuscolare, intimo, anche grazie
alla rinuncia all’essenzialità ed alla sperimentazione dei
precedenti lavori. I riferimenti quindi, da Hauschka, Dustin
O’Halloran, Nils Frahm, Balmorhea sui quali era allineata la
produzione avantgarde precedente, sono diventati i cantautori
introspettivi alla Elliott Smith,
Josè Gonzales, Nick Drake, Nick Mulvey, e le occasionali incursioni
di chitarra elettrica e fiati donano colore alle canzoni. Ma i
mèntori gli sono per ora decisamente preferibili.
Voto
Microby: 7.2
Preferite:
Colours
of The Night, Our Best, On Time
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