martedì 29 dicembre 2015

GUY GARVEY, NADINE SHAH, PANDA BEAR

GUY GARVEY (2015) Courting The Squall



Skippate il primo brano, Angela’s Eyes, scelto come singolo ma del tutto estraneo al resto dell’album. Iniziate quindi l’immersione nella romantica malinconia della voce, evocativa e magnifica, del leader degli Elbow, qui al suo primo sforzo da solista. Evidenti i tentativi di smarcarsi dal neo-prog della band madre, ma la matrice principale resta quella: non siamo insomma di fronte alla frattura artistica completa tra il Peter Gabriel con e senza Genesis. Vi è certo maggior attenzione alla componente ritmica (che ricorda a tratti quella del Pat Metheny “pop”), alle tastiere liquide, avvolgenti, cotonose piuttosto che alla solidità delle chitarre, ma soprattutto agli arrangiamenti per fiati che non hanno nulla della black music, ma sono utilizzati in modo strutturale, bianco e razionale à-la King Crimson, David Bowie, Brian Eno, David Byrne. Splendidi. Così come la qualità della scrittura, all’altezza dei migliori dischi degli Elbow. Unico peccato la disomogeneità del lavoro, forse dettata dall’indecisione sulla direzione stilistica da prendere. Ma Garvey dimostra ampiamente di poter correre da solo con plauso, mentre è difficile pensare altrettanto del resto della band, inevitabilmente schiava delle liriche e della voce struggente del frontman. Speriamo che il nostro continui a tenere il piede in due scarpe.
Voto Microby: 8
Preferite: Harder Edges, Juggernaut, Courting The Squall  


NADINE SHAH (2015) Fast Food


Di quest’inglese dal DNA pakistano/norvegese avevo già scritto bene in occasione del suo esordio Love Your Dum And Mad (2013). Allora aveva sciorinato una varietà di influenze (dal dark al pop alla classica) trattate con ottima scrittura e buon gusto per gli arrangiamenti, in entrambi supportata da Ben Hillier. Binomio che si ripropone con maggior coesione stilistica, perdendo solo un po’ in brillantezza, anche col nuovo, di nuovo raccomandabile, Fast Food. Che non va consumato come recita il titolo, ma che cresce con gli ascolti assaporando pian piano i sapori e le spezie: meno pop di Anna Calvi, meno rock di Ema, meno eclettica di St. Vincent, meno malata di Carla Bozulich, meno spettrale di Chelsea Wolfe, ma a tutte in qualche modo affiliata. Se di Shilpa Ray (per certi versi simile, ma che alla lunga mi annoia) si dice che sembra un incrocio tra Lana Del Rey e Nick Cave (concordo), di Nadine Shah si potrebbe pensare ad una Patti Smith che flirta con la musica dark di stampo 4AD. La copertina, tra gothic e Warhol, rende l’idea più del titolo. Seconda prova positiva, ma ancora con margini di miglioramento.
Voto Microby: 7.6
Preferite: Fast Food, Stealing Cars, Fool  


PANDA BEAR (2015) Panda Bear Meets The Grim Reaper


Membro fondatore dei newyorkesi Animal Collective, Noah Lennox giunge al quinto lavoro da solista ma non si discosta molto dalle più recenti evoluzioni space-pop oriented del collettivo. A dispetto del precedente Tomboy, nel nuovo album non vi è quasi traccia di chitarre: mentre il suono è arioso ed orecchiabile, giocato da tastiere ed elettronica, i testi sono pregni di tensione ed il tema è la morte (The Grim Reaper in inglese), ed il cantato è una sorta di litania mantrica che sembra sublimarla. E’ uno sforzo interessante ma in cui non vi è ricerca, mancano melodie memorabili né vi è grande originalità negli arrangiamenti. Il tutto fa discreto, ma non imprescindibile.
Voto Microby: 7
Preferite: Mr. Noah, Boys Latin, Tropic of Cancer


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