giovedì 19 maggio 2016

JOE BONAMASSA, RAY LaMONTAGNE


JOE BONAMASSA (2016) Blues of Desperation



E’ singolare che, nei lavori del grande chitarrista americano, il genere musicale trattato sia omogeneo più nei progetti collaterali a più mani (Bloodline, Black Country Communion, Rock Candy Funk Party, gli album in coppia con Beth Hart) che nei progetti solisti, in cui esprime regolarmente un pout-pourri di tutte le influenze e passioni musicali che lo hanno segnato. Così anche Blues of Desperation, a dispetto del titolo, ci offre hard rock, soul, R&B, rock e ovviamente blues elettrico. I campioni di riferimento (già appaiati per tecnica chitarristica, non per scrittura e peso specifico nella storia del rock-blues) sono sempre gli stessi: Stevie Ray Vaughan, Eric Clapton, B.B. King, Jimmy Page, Jimi Hendrix. E le canzoni sono tecnicamente eccellenti, sanguigne e torride come gli assoli del nostro, motivo fondamentale per cui si acquistano i suoi album. Peccato che, nella sua pletorica produzione, manchi anche stavolta l’appuntamento col capolavoro. Ma in auto o in cuffia, quest’ultima prova carica che è un piacere.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Mountain Climbing, ThisTrain, No Good Place For The Lonely




RAY LaMONTAGNE (2016) Ouroboros

Chi avesse conosciuto ed apprezzato l’esordio (Trouble, 2004), un cantautorato intimo alla Bon Iver maggiormente screziato di folk e country, difficilmente riconoscerebbe il medesimo artista al sesto sforzo, Ouroboros (il serpente che si morde la coda, antico simbolo della ciclicità eterna delle cose), se non ne avesse seguito la metamorfosi progressiva verso il cantautorato pop-soul fino all’ultima sterzata verso la psichedelia di Supernova (2014). Ouroboros è figlio diretto di quest’ultimo album, compositivamente meno brillante e variegato, sebbene più focalizzato verso il pop psichedelico pinkfloydiano pre-Dark Side, con più modesti accenni al Laurel Canyon di marca Jonathan Wilson. Siamo sempre nell’orbita di fine anni ’60 – inizio ’70, ed il lavoro si ascolta con trasporto piacevolmente onirico: coraggioso, interessante e per certi versi sorprendente, tuttavia non riesce mai a sfondare. Ne attendiamo l’evoluzione.
Voto Microby: 7.4
Preferite: In My Own Way, Hey No Pressure, Homecoming





 

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