All'inizio dell'anno si era imposto all'attenzione generale durante il tributo a Solomon Burke suonando la chitarra in un pezzo insieme a Mick Jagger. L'occhialuto Saadiq (nato nel 1966) in realtà è in giro fin dagli anni'80, quando, da bambino prodigio, ha suonato il basso nel gruppo di Prince durante il tour di "Parade". Negli anni successivi ha collaborato attivamente (con produzione o composizione di brani) con artisti del calibro di D'Angelo, Bee Gees, The Isley Brothers, The Roots, Erykah Badu, Mary J Blige, Snoop Dogg, A Tribe Called Quest, Whitney Houston, Joss Stone, Macy Gray, John Legend (un elenco veramente impressionante) e ha intrapreso una propria carriera prima nel gruppo Tony! Tony! Tonè! (insieme ai suoi fratelli) e poi con tre album solisti il cui ultimo, prima di questo, "The Way I See It" del 2008, di notevole successo (3 nominations al Grammy di quell'anno). Anche in quest'ultimo disco il suo marchio è ben chiaro: black music rielaborata in maniera raffinata ed originale (non il solito nu-soul) pur se ancorata al R&B degli anni '50, con arrangiamenti ricchi di archi, fiati, mellotron e Moog (con un magnifico assolo nel brano
Just Don't di Larry Dunn, mitico tastierista degli Earth, Wind & Fire) come se dovesse uscire i vocioni di Barry White e Ray Charles o l'urlo scatenato di James Brown. Non solo: anche rock'n'roll stile Chuck Berry o Bo Diddley e ritmi e coretti funky stile Sly and the Family Stone (il bassista del gruppo, Larry Graham, è ospite anch'egli del disco) o Stevie Wonder. Insomma un disco soul/funk vecchia scuola, una specie di Curtis Mayfield redivivo.
I brani migliori: Stone Rollin', Radio, Heart Attack, Day Dreams.
Forse il migliore tra i dischi black del 2011.
Voto ★★★★ 1/2 (sgargiante)
1 commento:
Grazie Luca! Non conoscevo per nulla (mai sentito nominare prima...) Raphael Saadiq, ed è stata una bella sorpresa: tanta Motown '60 (ma che pesca anche nei '50 e '70!),e R&B, soul, funk, ballads, rock'n'roll; Curtis Mayfield e James Brown, Sly & the Family Stone e Burt Bacharach. Un evergreen e, se non il più bello (per me Charles Bradley e, soprattutto, Black Joe Lewis restano imbattuti), certamente il più vario (ma omogeneo, senza ossimori) album black dell'anno. Le mie preferite sono diverse rispetto alle tue (Go To Hell, Good Man, The Answer), a sottolineare l'ecletticità e la bontà di tutto il lavoro. 7.7/10
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