MORRISSEY
(2020) I Am Not A Dog On A Chain
Con l’eccezione del qualitativamente modesto album di cover
dello scorso anno (California Son),
era dal 2017 del discontinuo ma discreto Low
In High School che l’ex frontman dei The Smiths non pubblicava materiale.
Insopportabile per molti ma geniale per tutti, icona assoluta del movimento
LGTB, ma soprattutto musicista tra i più carismatici ed influenti della musica
inglese dei decenni post-punk, pur non partorendo più capolavori all’altezza
della band-madre “Moz” nei tredici album della carriera solista ha comunque
dato alle stampe più di una prova eccellente. Quarto lavoro prodotto da Joe
Chiccarelli, che ahimè asseconda l’io ipertrofico del personaggio lavorando
solo per addizione, I Am Not A Dog On A
Chain ci presenta il musicista mancuniano in ottima forma: pur nel menu
variegato degli arrangiamenti ed in qualche scivolone evitabile (il synth-pop Once I Saw The River Clean e la noiosa The Secret of Music, entrambe peraltro
fuori contesto), l’ultima prova di Morrissey si avvale di ottima scrittura
melodica, della voce che ha affascinato almeno due generazioni, e di escursioni
in generi musicali (troppo) differenti, ma alla fine realizzate in modo mai
banale. Almeno 3-4 i potenziali singoli, musicalmente (va da sé che i suoi
testi sono sempre stimolanti) interessanti anche per la generazione dei millennials. Una prima parte eccellente
ed una seconda solo discreta fanno comunque di I Am Not A Dog On A Chain un disco di pregio, il suo migliore
dell’ultimo decennio. Artista di talento e mito conquistato sul campo, Moz
merita fiducia ad ogni sua uscita perché, come recita il titolo, difficilmente qualcuno
riuscirà a ridurlo in catene.
Preferite: Love Is On Its Way Out, Bobby
Don’t You Think They Know?, I Am Not A Dog On A Chain
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