venerdì 10 aprile 2020

Recensione al volo: Elephant Stone - Hollow (2020)

ELEPHANT STONE -  Hollow (2020) 

Decennale gruppo canadese che affonda le sue radici nel pop psichedelico anni ’60 (13th Floor Elevators e compagnia bella) ma anche nel garage-rock e nel power-jangle-pop più contemporaneo, si caratterizza per il ricorso agli strumenti della musica tradizionale indiana. Le ispirazioni, dichiarate dallo stesso Rishi Dhir, bassista, sitarista e leader del gruppo, arrivano tutte dai gruppi rock di fine anni ’60: Who, Pretty Things ed i Beatles di Sgt Pepper. Ma, particolarmente nella seconda parte dell’album, le assonanze sono con i Pink Floyd o più modernamente con i Tame Impala, Kasabian e Spiritualized.  Al loro 6° lavoro, Hollow è sicuramente il loro migliore. Un disco vario e ben realizzato, molto lontano dal sound delle moderne rock band contemporanee ma ciò è probabilmente quello che li fa distinguere (e risplendere). Da ascoltare: We Cry For Harmonia, Hollow World. 
Voto: 1/2


1 commento:

microby ha detto...

Non li conoscevo ed è stata un'ottima segnalazione. Grazie Luca! Oltre ai rimandi che hai citato (clamorosi i Beatles di Sgt. Pepper e la chitarra harrisoniana) a me sono venuti in mente anche i Kinks e la scena pop-psichedelica british dei '90 (Inspiral Carpets, Charlatans e Lightning Seeds tra gli altri). Freschi ed orecchiabili, un approccio alla psichedelia decisamente più commestibile e radiofonico (senza sfondare il muro del kitsch come invece hanno fatto i Tame Impala) rispetto ai due recenti album da "psichedelia talebana" che ho recensito (perchè comunque mi hanno esaltato) sul blog (mi riferisco a The Third Mind e The Dream Syndicate). Bel disco!
Voto Microby: 7.7
Preferite: Hollow World, I See You, We Cry For Harmonia

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