BLACKIE
AND THE RODEO KINGS (2020) King of This Town
Mi
sono avvicinato con sufficienza all’ultimo album di questa band
canadese poco conosciuta dalle nostre parti. La ragione sociale con
quel “rodeo” di mezzo che evoca cowboys, cappellacci Stetson e
cavalcate di tori, con annesso ultraconservatorismo sociale e
musicale mi teneva alla larga dall’ascolto, nonostante ne avessi
letto ottime recensioni. Tra i vantaggi del lockdown da COVID19 ci
sta fortunatamente anche la maggiore disponibilità di tempo, ed una
curiosità più dilatata. Così l’ascolto del nono (e da quanto
leggo tutti apprezzabili) lavoro del gruppo mi ha permesso di
scoprire un gioiellino. La open band è da sempre organizzata intorno
ad un supertrio di compositori/chitarristi del genere: Colin
Linden, il
cuore più southern-blues e country-rock, collaboratore di Luther
Dickinson e Robert Plant, e produttore tra gli altri di Keb’Mo’ e
Bruce Cockburn; Tom
Wilson, l’anima
più rock-blues, già nei Junkhouse e nei Lee Harvey Osmond; e
Stephen Fearing,
già autore in proprio di una dozzina di dischi di impronta folk.
Insieme ad eccellenti turnisti licenziano un album che riflette la
copertina, una corona in fiamme (magari fosse quella del
coronavirus!): genere “americana”
allargata come sanno fare i canadesi, in un blend
di southern-country, folk acadiano, rock-blues con
influenze gospel e profumi di Louisiana. Splendidamente assortite le
parti vocali (ben distribuite tra i tre, con eccellenti
armonizzazioni) e gli inserti chitarristici acustici ed elettrici,
variegati come le differenti tecniche dei tre chitarristi (la mia
menzione personale va a Linden), così come di pregio è la
scrittura. Comunque lo si voglia classificare (americana,
country-rock, southern folk, folk-blues), King
of This Town è
album da considerare nelle classifiche di fine anno per tutti gli
appassionati di “american
roots”.
Voto
Microby: 8
Preferite:
World
Gone Mad, Baby I’m Your Devil, Walking On Our Graves
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