Quintetto texano poco noto in Italia, ma già discograficamente attivo dal 1998, gode in realtà di un buon seguito in patria nel filone post-grunge poco apprezzato dalla critica ma molto amato dagli/dalle adolescenti e dall’airplay radiofonico (massicce le vendite di nomi quali Puddle of Mudd, Collective Soul, Creed, Bush, Calling…).
In questo lavoro dal vivo, acustico ma dai suoni pieni (il violino amplificato di Ryan Delahoussaye non fa rimpiangere l’elettrica), la band ha l’opportunità di uscire dal clichè del genere, riuscendovi solo parzialmente, giacchè l’assioma adolescente = introspettivo/disperato/esistenzialista/melodrammatico viene conservato nella totalità, primariamente a causa/merito delle corde vocali del leader Justin Furstenfeld, che rispondono appunto agli aggettivi precedenti. Nel male ma anche nel bene, perché piaceranno sicuramente a chi soffre di astinenza da Peter Gabriel/Genesis o Fish/Marillion, al punto che più che al post-grunge il disco in oggetto è assimilabile al neo-prog (tanto che non esiste un-assolo-uno in tutto il lavoro). A me è piaciuto, ed anche molto (ah, se solo potessi ridurre la verbosità del cantante, che non sta mai zitto per più di 20” e che fa sembrare i rappers degli allievi di Ungaretti…). Sarebbe anche mezzo voto in più ma, via, si tratta pur sempre di un best, sebbene live…
Preferite: Dirt Room, Picking Up Pieces, Come In Closer
Voto Microby: 7.8/10
1 commento:
A me ricorda molto la Dave Matthews Band...
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