E rieccoci con un altro meritevole lavoro di revival del folk-rock anglo-scoto-irlandese dei seventies. Lontano tuttavia dal genio e l’originalità di Fleet Foxes ed Unthanks, ed assai più nel solco di Bellowhead (ma di questi meno burlesque e soul, e più elettrici e psichedelici). Il quartetto di Glasgow si rifà chiaramente ai Fairport Convention che guardavano all’acid rock californiano, ai lavori solistici di Richard e Linda Thompson ed ai Fotheringay, con la voce solista di Lavinia Blackwall che insegue (appunto, insegue…) Sandy Denny e le chitarre elettriche a ricordare costantemente i Jefferson Airplane (quasi plagiati in All My Favourite Mistakes) e la stagione del power flower. Ma la varietà è la ricchezza dell’album: dalle arie cinquecentesche di Color of Night e Torn Between Loves (come degli Amazing Blondel elettrici), ai fiati alla Bellowhead, agli accenni prog di Where Do I Go From You, al pop di To See You Again, ad una Otley Rock Oracle che suggerisce un connubio improbabile tra dei Pentangle elettrici ed il Mauro Pagani world degli esordi. E ovunque immagini capelloni, pantaloni a zampa d’elefante, basettoni, bluse psichedeliche e frange folk rigorosamente a cavallo tra ’60 e ’70.
Peccato che non vi sia traccia dei tre decenni trascorsi dopo gli anni ’70, ma soprattutto che il lavoro sia sovraccarico, dalla batteria ridondante ai fiati, dalla chitarra elettrica onnipresente alla voce enfatica, e alla fine del disco si arriva un po’ spossati. Ma probabilmente una produzione più misurata non gioverebbe ad un gruppo viscerale dall’inizio alla fine, e certamente più adatto ad una dimensione live.
Preferite: Otley Rock Oracle, Where Do I Go From You, To See You Again
Voto Microby: 7.3/10
1 commento:
Forse troppo più vicini ai Mogway che ai Midlake; la contaminazione psichedelica del folk è dura da digerire. Sicuramente un disco "differente" con tutto ciò che comporta, magari duro da digerire ma interessante.
Posta un commento