mercoledì 30 gennaio 2013

IL DOWNLOAD E’ LEGALE?

Nonostante da anni scarichiamo tutti come matti (proprio così, per lo più nelle categorie dell’appassionato completista ossessivo-compulsivo e del distratto scarico-tutto-e-non-ascolto-niente), nel 2013 ancora molti si chiedono se il download in Italia sia legale o meno. Ed è ovvio che noi appassionati di musica non ci riferiamo al download a scopo di lucro, ma alla sana possibilità di scaricarci dalla rete l’album (o la discografia completa, o qualunque altra cosa) dell’artista di cui vogliamo ascoltare le canzoni. Senza rischiare la galera o multe salate.
Riprendo al proposito (con il consenso dell’Autore, sociologo della Sapienza-Roma, carissimo amico e appassionato lettore di questo blog) alcuni passi dal libro di Stefano Nobile “Mezzo secolo di canzoni italiane – Una prospettiva sociologica (1960-2010)” (Carocci Editore 2012)
“E’ consentita la libera pubblicazione attraverso la rete Internet a titolo gratuito di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o enciclopedico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro” (Legge 9 gennaio 2008, n°2).
[…] E su Internet viaggiano gli MP3, ovverossia musica compressa, cioè, appunto, degradata.
A complicare le cose è intervenuta la distinzione tra condivisione e scaricamento: la legge italiana (il panorama legislativo dei paesi occidentali rispetto a questo argomento è assai difforme) prevede che il secondo sia lecito, la prima no. Per cui, a ragion veduta, si può accedere ad una copia di un file purchè si eviti di condividerla con altri utenti.
[…] L’idea che si possa far dono a un amico –anche virtuale—di qualcosa che si possiede non è diversa da quella che chi ha vissuto l’età dell’oro del vinile metteva in pratica copiando i long playing sulle cassette: al donatore –oggi come ieri—rimaneva una copia di qualità superiore.” (Nobile 2012, pag. 40-41).
Penso sia chiaro per tutti che, per l’utilizzo che ne facciamo noi, scaricare musica o films dalla rete sia assolutamente legale.
Altro discorso, che non affronto qui, è quanto sia etico farlo per evitare di “pagare” un prodotto ludico/culturale (anche l’artista deve campare, se non gli compriamo i dischi è difficile che gli rinnovino il contratto…).
Personalmente, essendo musicalmente onnivoro, sono passato dall’acquisto di 100 CD/anno di 5 anni fa ai 10 attuali, e la cosa mi rattrista un po’ (e probabilmente di più le case discografiche e gli artisti stessi).
Tuttavia l’utilizzo che faccio della rete è quello di un enorme filtro per ascoltare con curiosità buona parte degli albums pubblicati di mio interesse (spesso, in effetti, reperibili per l’acquisto “fisico” solo in rete, dal momento che si tratta di musica pop-rock “di nicchia” introvabile nei negozi di una media città di provincia italiana).
Solo successivamente, se il CD mi è piaciuto particolarmente, lo acquisto per non rinunciare al feticcio. Ed assai spesso l’acquisto avviene 1-2 anni dopo, quando in molti casi posso entrare in possesso della ri-edizione dell’album medesimo con l’aggiunta di bonus tracks.
Mi sono in effetti, col trascorrere degli anni, scocciato della politica delle case discografiche che non premiano i primi acquirenti e gli aficionados (il medesimo ragionamento andrebbe fatto per l’acquisto dei biglietti per i concerti, assurdamente nell’italico stivale più costosi in prevendita che al botteghino la sera del concerto!) pubblicando la prima versione dei nuovi lavori a prezzo ridotto o con un packaging migliore o con l’aggiunta di bonus tracks, ma facendo esattamente il contrario.
Ricordo gli albums di uno dei miei artisti preferiti (che ora mi sta un filo antipatico, non solo perché ha sposato quel pezzo di Diana Krall), Elvis Costello, che se ne esce da 10 anni col nuovo lavoro nudo-e-crudo e 8-10 mesi dopo con il medesimo ed un CD di inediti allegato in regalo, ad un prezzo inferiore. Ah, la rabbia dell’innamorato tradito!
Mi piacerebbe sapere come si comportano, nel caso sia del download che dell’acquisto di prodotti musicali, i lettori del blog.
A loro togliermi questa curiosità.
A Diana Krall quella di dirmi cosa ha trovato in Costello che io non ho…

3 commenti:

Stefano ha detto...

Innanzitutto grazie per la citazione. Concordo pienamente sulle politiche stravaganti che la lobby della FIMI impone in Italia. Altrove, i dischi – magari senza aggiunte e bonus tracks, che si spiegano col tentativo di vendere due volte lo stesso prodotto quando questo ha esaurito il suo richiamo in quanto novità – nelle prime settimane di uscita vengono messi in commercio a prezzi ribassati, proprio per massimizzare la combinazione tra novità e incentivo all’acquisto. Se ne stanno accorgendo nell’industria libraria: da qualche tempo, Feltrinelli mette tutte le novità in vendita col 15% di sconto per il primo mese.
Resta il problema degli adolescenti, abituati a una tale parcellizzazione dell’ascolto nella sua forma più degradata (stando alle indagini più recenti, la maggior parte di loro ascolta musica, track by track, su You tube, il che somma il lo-fi del pc con il bitrate bassissimo di rippaggio, spesso non superiore ai 96 kbps). Il che, ovviamente, mortifica anche il concetto di album inteso come opera più o meno coerente. È il digitale, bellezza, e non puoi farci niente!

Unknown ha detto...

Ne abbiamo parlato tante volte e ritengo sempre che, anche se assolutamente legale, come Stefano ci ha spiegato in maniera esaustiva, l'etica del buon appassionato ed onnivoro musicale prevede il successivo acquisto del prodotto (almeno di quello piaciuto). Questo comportamento evita di prendersi delle fregature, sempre dietro l'angolo se ci si fida troppo dei vari opinion leader (radio private, giornali più o meno specializzati), e di farsi un'idea concreta della qualità del prodotto che si va ad ascoltare. Per quanto riguarda le battaglie fatte dalla FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) mi paiono comunque di assoluta retroguardia: loro credono veramente che la gente vada a comprare i dischi in Italia presso i vari punti di vendita tradizionali? Personalmente, e credo ciò valga per la stragrande maggioranza dei cultori musicali, acquisto gli album sui siti internazionali con un risparmio del 50% sul prezzo italiano. Dispiace per coloro che girano intorno alla produzione fisica dei supporti ma non fanno altro che raccogliere ciò che hanno seminato in questi anni. Ma dico: ricordate quando sono stati messi in produzione i CD? Furono ripubblicati tutti i lavori precedenti a prezzo pieno quando si sa che il costo reale del nuovo supporto era decisamente inferiore (basti vedere cosa costa un cd vergine per farsi un'idea). L'idea di mettere in vendita il disco per i primi due mesi con uno sconto del 15-20% può essere di aiuto senz'altro e del resto tale abitudine è comune negli USA, che resta comunque il maggior mercato mondiale. Per quanto riguarda il business digitale i dati affermano che nel 2011 la gratuità della fruizione musicale sta diventando una chiave di riscatto del settore con una crescita dei oltre il 20% rispetto all'anno precedente grazie a modelli "degradati" come YouTube, Spotify e Deezer, sostenuti economicamente dalla pubblicità.

lucaf ha detto...

scusate ho dimenticato di firmare il mio commento precedente (Unknown).

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