giovedì 30 giugno 2011
Clarence Clemons 1942-2011
Bon Iver - Bon Iver
martedì 28 giugno 2011
John Mayall in concerto, Brescia 26 giugno 2011
77 anni e pare un ragazzino. Una voce ancora squillante (è incredibile: è sempre la stessa voce che si può ascoltare nei primi album, senza un cedimento o un'esitazione) ed un'armonica impeccabile come ai vecchi tempi di Turning Point. Il padre, o meglio dire, il nonno del rockblues europeo (grazie a lui hanno iniziato Eric Clapton, Peter Green, Jack Bruce o Mick Taylor), si è presentato sul palco senza i mitici Bluesbreakers (da cui si è separato da 2-3 anni) ma con una band di tutto rispetto: Rocky Athas alla chitarra (un texano che suona con i piedi ben piantati nel profondo sud, con uno stile decisamente più southern rock rispetto a Buddy Whittington del Bluesbreakers), Greg Rzab al basso e Jay Devenport alla batteria. La band ha costruito un supporto sonoro di grande impatto, in cui Mayall appare stare alla meraviglia e grazie alla quale ha potuto ancora deliziarci con alcuni brani tratti dall'ultimo album del 2009 ma soprattutto con i suoi vecchi cavalli di battaglia. Da ricordare: l'apertura con Another Man, brano del 1966, la bellissima e classica Chicago Line, e poi ancora Movin out Movin on, Nothin' to do with love, Have you heard about my baby, Playing with a losing hand, Tough times ahead, la lunghissima e trascinante Room to move e, per finire, Hideaway.
sabato 25 giugno 2011
THE LEISURE SOCIETY (2011) Into The Murky Water
Che sia in atto un revival del folk inglese, come era avvenuto nei seventies dei (tra gli altri) Fairport Convention/Pentangle/Steeleye Span, è indubbio. Non solo per la quantità dei lavori pubblicati dedicati al genere, ma per la qualità media dei medesimi e per l’attenzione che bands di spessore americane, vedi Fleet Foxes e Grizzly Bear per esempio, dedicano alla musica inglese di derivazione popolare.
Tuttavia mentre il folk anglo-scoto-irlandese dei ’70 riscopriva le ricche patrie radici contaminandole con la musica popolare americana, il country per i bianchi ed il blues per i neri, attualmente la contaminazione è bilaterale tra le due sponde dell’oceano, ed il collante è l’attuale musica pop-olare.
Così risultano interessanti ma più “datati” gruppi folk-rock (come l’ottimo ultimo Trembling Bells) che guardano al power flower/acid rock californiano di fine sixties, che non gruppi come i The Leisure Society che licenziano un folk-pop bucolico ma raffinato, arioso e vivace, vario ma non disomogeneo. I riferimenti si possono chiamare Mumford & Sons e Fleet Foxes, ma anche Sufjan Stevens ed Andrew Bird, Midlake e Divine Comedy, in un trionfo acustico elegantissimo di chitarre pizzicate, violini, violoncelli, flauti e cori che fa pensare ad un chamber pop impregnato di campagna inglese, di cinema anni ’60, di quartetti d’archi, di dixieland e di minuetti, e soprattutto del sole e della spensieratezza di Brighton, dove il collettivo guidato dal chitarrista londinese Nick Hemming è di stanza. Veramente difficile estrapolare alcuni brani, preferendoli ad altri, essendo tutti sopra la media. Come per i Fleet Foxes, una seconda prova di grande classe e maturità.
Preferite: Into The Murky Water, Dust On The Dancefloor, Better Written Off
Voto Microby: 9/10
mercoledì 22 giugno 2011
CHAD VANGAALEN (2011) Diaper Island
Si astengano pertanto gli amanti di suoni puliti ed arrangiamenti raffinati: in Diaper Island l’attitudine è proto-punk, e l’esecuzione ha una forte predisposizione al garage-sound. Essenziale, quasi grezzo (si badi bene, non rozzo), si avvale di una chitarra dagli accordi semplici e timbriche metalliche, con una voce spesso in secondo piano, quasi sgraziata, e con abbondante utilizzo di riverberi/effetti eco. Così che più che Elliott Smith il nostro ricorda a tratti il Robyn Hitchcock più psichedelico (Peace On The Rise), il John Lennon più acido (Can You Believe It?), lo Stephen Malkmus più ruvido, i Pixies più stralunati ed addirittura i Cure meno levigati (Replace Me). Bizzarro e nevrotico, non di facile ascolto, ma senza dubbio poco classificabile, se non proprio originale.
Preferite: Burning Photographs, Replace Me, Blonde Hash
Voto Microby: 6.8/10
venerdì 17 giugno 2011
CASS McCOMBS (2011) Wit’s End
Sullo stesso genere rivolgersi piuttosto, tra gli altri, a Ed Harcourt, Maximilian Hecker, Aqualung, Josh Ritter, Piers Faccini, Martin Grech, Scott Matthew, Thomas Dybdahl, e mi fermo…
Preferite: County Line, The Lonely Doll
Voto Microby: 6.6/10
sabato 11 giugno 2011
Warren Haynes - Man in motion
Booker T Jones - The road from Memphis
THOMAS DYBDAHL (2011) Songs
Il danese Thomas Dybdahl è uno dei migliori interpreti della ormai fittissima schiera di songwriters dal tono intimistico, arrangiamenti delicati, voce sussurrata, testi malinconici che discendono direttamente da Nick Drake ed hanno ritrovato audience dopo il recente successo (di critica ma anche di mercato) di Damien Rice ed Elliott Smith.Tuttavia al quinto disco (tutti belli ma…tutti uguali) è lecito chiedere al nostro (ed ai suoi colleghi, vedi i recenti William Fitzsimmons, Cass McCombs, Daniel Martin Moore, John Vanderslice, Maximilian Hecker solo per citare alcuni maschi) un’evoluzione dal solito linguaggio, altrimenti si torna al vecchio adagio “comprato uno, comprati tutti”.Detto questo, per chi non conoscesse Thomas Dybdahl anche la sua ultima fatica è meritevole, è di spessore compositivo ed esecutivo, raffinata ed elegante ma non melliflua. Esattamente come i suoi albums precedenti…
Preferite: All Is Not Lost, From Grace, Don’t Lose Yourself
Voto Microby: 7.3/10
martedì 7 giugno 2011
THE UNTHANKS (2011) Last
Preferite: Gan To The Kye, The Gallowgate Lad, Queen of Hearts
Voto Microby: 8.6/10
domenica 5 giugno 2011
JESSE SYKES & THE SWEET HEREAFTER (2011) Marble Son
Lodevole, coraggioso e nel contempo coerente il percorso di trasformazione, album dopo album (siamo giunti al quarto: tutti raccomandabili), di Jesse Sykes e del fido chitarrista Phil Wandscher, ex Whiskeytown: da un country-rock ispirato ma poco distante dalle varie Lucinda Williams o Patty Griffin (Reckless Burn, 2002), a riferimento per l’alt.country (Oh, My Girl, 2004), a campioni dell’americana (Like, Love, Lust And…, 2007), con l’attuale Marble Son approdano alla psichedelia West Coast dei sixties, e con ottimi risultati. Più spazio quindi alla chitarra elettrica di Wandscher, brani più dilatati, solo tracce di alt.country (inteso più alla Walkabouts/Chris Eckman che alla Jayhawks/Wilco), e via ad inseguire gli alfieri dell’acid rock della Bay Area, su tutti Jefferson Airplane/Big Brother & The Holding Company come stelle di riferimento (emblematiche in tal senso già l’iniziale Hushed By Devotion o una Ceilings High il cui attacco ricorda Piece of My Heart). Manca certo la rabbia di Grace Slick/Janis Joplin, chè la voce di Jesse Sykes ricorda più una Marianne Faithfull senza aplomb inglese o, anche nella miscela timbrica voce/musica, la grande Toni Childs (Be It Me Or Be It Done, Wooden Roses), e pertanto il clima generale è più da quiete prima della tempesta che da tempesta vera e propria. Non mancano ballate folk trasognate (Marble Son, Come To Mary), in un lavoro che sarà molto apprezzato anche dai nostalgici del Paisley Underground meno acido (più Dream Syndicate insomma che Green On Red/Rain Parade).
Preferite: Hushed By Devotion, Pleasuring The Divine, Your Own Kind
Voto Microby: 7.8/10
sabato 4 giugno 2011
Eric Clapton + Steve Winwood in concerto, Royal Albert Hall, 29 maggio 2011
Biglietti Ryan Air a 50 euro (comprati 7 mesi fa illudendoci magari di vederci anche una finale di Champions League targata rossonera...) ed un weekend passato tra Guinness, HMV, e lunghe camminate in città. Ma soprattutto il pellegrinaggio alla Royal Albert Hall, il tempio della musica, sede dei concerti più leggendari d'Inghilterra: una volta nella vita bisognava pure andarci (beh, perchè una volta sola...magari si potrebbe ripetere). Il teatro ha 8000 posti, tutti esauriti da tempo per questo concerto, e gode fama di un'acustica perfetta: quale migliore occasione di un concerto del grande "slowhand" e del suo vecchio amico e sodale Steve Winwood.
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