venerdì 17 giugno 2011

CASS McCOMBS (2011) Wit’s End

Esauritosi il New Acoustic Movement, che ha riportato sul mercato mondiale le sonorità alla Simon & Garfunkel e l’attenzione ai songwriters armati solo di chitarra acustica e voce, l’ultima sfumatura in ordine temporale sembra essere la sostituzione dei delicati arpeggi di chitarra (non abbandonati, solo messi su un piano comprimario) con le note altrettanto dolenti e malinconiche del pianoforte (spesso alternato al più rarefatto wurlitzer). Così, come il recente morbido Jay-Jay Johanson che ha molti punti di contatto con il disco di cui stiamo trattando, lo statunitense Cass McCombs infila una serie di ballate soffuse, accompagnate da un piano liquido e da una voce da ninna nanna, che nelle tonalità basse insegue (a larga distanza) la lezione del Leonard Cohen di Ten New Songs (The Lonely Doll, A Knock Upon The Door), e nel falsetto ricorda The Band (County Line). Alla lunga però il lavoro, pur raffinato ed elegante, risulta ripetitivo, più utile se utilizzato al mattino come sveglia…per continuare a dormire (però sereni…).
Sullo stesso genere rivolgersi piuttosto, tra gli altri, a Ed Harcourt, Maximilian Hecker, Aqualung, Josh Ritter, Piers Faccini, Martin Grech, Scott Matthew, Thomas Dybdahl, e mi fermo…

Preferite: County Line, The Lonely Doll

Voto Microby: 6.6/10

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